sabato 11 novembre 2023

A SUD DI OGNI ALTROVE - Bruno di Pietro

 

Per iniziare a costruire un movimento poetico meridiano. 

1. Nel corso del 2023 si sono registrate diverse manifestazioni, eventi, festival di poesia in cui le parole “Sud” e “Mediterraneo” facevano da spazio tematico di riferimento. Quasi tutte organizzate nel Sud dell’Italia. Fatto che va salutato come benvenuto e rilevante per le presenze e lo spessore.

Ma proprio per questo credo sia giunto il momento di far fare alla riflessione un salto di qualità. Che, in sintesi, è contenuto in apertura di un libro importante nella economia di questo discorso. Parlo della “Carta poetica del Sud” di Simone Giorgino ( Musicaos Editore, 2022). Il quale si pone e ci pone la seguente domanda: «È possibile individuare, come recentemente è stato proposto, una linea meridionale, o meridiana, nella poesia italiana contemporanea? Esiste un sostrato comune, un immaginario condiviso o una koinè, che permetta di collegare, senza troppe forzature, le numerose ed eterogenee esperienze poetiche che si sono sviluppate nel Novecento e oltre, nel Sud del nostro Paese? E quali sono le sue caratteristiche principali? Quali gli esiti maggiori?». E in nota rimanda ai contributi precedenti e cioè agli studi di Antonio Lucio Giannone e di Simone Giusti .

Credo che negli ultimi due anni, oltre alle citate manifestazioni, vi siano stati segnali interessanti in questa direzione (penso al recupero di attenzione su poeti come Cattafi e Carrieri grazie ai lavori di Diego Conticello e Stefano Modeo). Così come ho una mia personale mappa di poeti meridionali che in questo contesto culturale scrivono (e non faccio nomi perché non ho titolo e non è mia abitudine farlo).

Va anche però opportunamente precisato che una “carta poetica del Sud” non comprende solo poeti nati nel Mezzogiorno: non c’è uno jus soli che determini l’inserimento nel contesto culturale di cui qui si parla.

E qui riprendo ancora Simone Giusti, sto pensando a mettere in piedi, in campo un progetto. Quello di un Sud in grado di consistere e resistere alla dispersione dei suoi poeti, capace dunque di riemergere anche al di là degli effettivi contatti e delle discendenze. Capace dunque di tenere insieme, ad esempio, Calogero e Bodini, ma anche Gatto e Toma e, naturalmente, i consentanei Sinisgalli e De Libero, Cattafi e Carrieri, Pierro e Scotellaro. Un sud per il quale forse non basta più il logorato aggettivo «meridionale», e che potrebbe invece riconoscersi nel più cogente «meridiano» adottato da Franco Cassano nel suo libro Il pensiero meridiano, fondato proprio sul rifiuto di una meridionalità da definirsi esclusivamente per differenza dalla normalità del nord e sulla ricerca di una identità nuova, che sappia smettere di paragonarsi all’altro da sé per ritrovare e tutelare all’interno della sua storia e del suo paesaggio un modello culturale non-produttivistico. 

Un movimento poetico meridiano che rifiuti l’oscuramento delle sue radici, mettendole alla prova dei tempi che stiamo vivendo, nelle esperienze di scrittura dei suoi poeti contemporanei giovani e meno giovani. 

Un movimento che metta in mora quelle Università del Sud troppo spesso, e per ragioni di opportunismo, del tutto disattente rispetto alla ricchezza culturale dei luoghi in cui operano. Un movimento che coinvolga Fondazioni, Associazioni, e dia respiro anche ad una sperabile rinnovata capacità della impresa editoriale.

2.  Le linee, i movimenti dipendono dalla loro capacità di farsi tradizione, di incarnarsi, cioè, in altre esperienze, di lasciare un’eredità.

Ma occorre in primo luogo individuare il “nucleo di pensiero” su cui si fonda una identità meridiana.

E quindi.

2.1. Il punto di partenza è far uscire dall’oscuramento le radici di quella poesia che da ora diremo “meridiana” utilizzando le categorie usate da Franco Cassano. Un lavoro di rivisitazione critica del 900 italiano. E qui la citazione dal libro di Simone Giorgino è d’obbligo.  «Il vento della Storia, insomma, ha soffiato in maniera pressoché uniforme sull’Italia meridionale, determinando la formazione di un genoma culturale che affonda le sue radici nei tempi remoti della Magna Grecia e della Sicilia ellenica. E proprio l’influenza greca, che interessò gran parte delle zone costiere del Mezzogiorno, riemergerà non a caso – ora come fascinazione per il pensiero presocratico (come ricordava Bodini “Pitagora è uno delle nostre parti”) , ora come istintiva predisposizione a una rappresentazione panteistica del paesaggio – nei versi e nelle riflessioni di molti poeti del Sud” ….. “ Al di là delle pur fondamentali traduzioni dei Lirici Greci (1940) di Quasimodo o delle Imitazioni dell’Antologia Palatina (1980 ) di Sinisgalli, infatti, la ‘grecità’ permea la poesia meridionale e si manifesta essenzialmente attraverso una strategia stilistica condivisa, per esempio nella continua sovrapposizione del sensibile con l’intelligibile , del concreto con l’astratto , del naturale con lo spirituale, del sogno con la realtà” (…) Come scrive Gatto in una delle prose di “Carlomagno nella grotta” (1962) si è spettatori nel Sud di una “immutabile contemporaneità dei secoli”.(…)».

2.2. In secondo luogo, l’assunzione del valore della “lentezza” come deviazione dalla accelerazione che domina nel mondo moderno. In cui una idea di progresso senza limiti impone il proprio produttivismo alle culture “altre”, eufemisticamente “in via di sviluppo” ma che in sostanza si vogliono annientare mediante il disconoscimento della loro identità.

2.3. In questa ottica il mare, il Mediterraneo, è il mare del viaggio, degli scambi, della integrazione. Ma è anche il mare dei porti, degli approdi, delle baie. Soprattutto è il mare del “ritorno”. Il Mediterraneo non è l’Oceano in cui si avventura l’Ulisse di Dante. Il viaggio non è verso l’infinito. Ha il suo limite. In un particolare intreccio mare/terra.

2.4. Il “limite” riporta all’essenziale assunzione della “misura”. L’esatto opposto della cultura Nord-Occidentale centrata su un individualismo senza misura che tende alla sottomissione che sconfina nella devastazione della Natura. “Limite” e “misura” riportano all’essenziale riconoscimento delle “alterità” e ad un rinnovato equilibrio con la Natura. E anche del rapporto fra la “ragione” e la “passione”.

2.5. Albert Camus dice (in L’uomo in rivolta) «Nella luce, il mondo resta il nostro primo e ultimo amore». È questo il segreto custodito nel mondo mediterraneo. Questa la radice di quel “naturalismo” tanto presente nella poesia meridiana. E, sempre come diceva Camus «il mare e il sole non costano niente».

È su questi punti così frettolosamente forse indicati che si può riconoscere i caratteri di quella poesia meridiana che, forse proprio per il suo carattere intrinsecamente, oggettivamente corrosivo di valori dominanti è stata messa ai margini da sempre. Soprattutto mediante, lo ripetiamo, mediante “l’oscuramento delle radici”. Di cui credo i poeti del Sud contemporanei devono impossessarsi, farle proprie perché Nasca e si consolidi un movimento poetico vero e proprio.

3. Concludo con una citazione ancora da L’uomo in rivolta di Albert Camus: «…la giovinezza del mondo si trova ancora intorno alle stesse sponde. Gettati nell’ignobile Europa ove muore, priva di bellezza e di amicizia, la più orgogliosa fra le razze, noi mediterranei viviamo della stessa luce. In cuore alla notte europea, il pensiero solare, la civiltà dal duplice volto, attende la sua aurora».

 

 

 

 

 

 

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