domenica 24 settembre 2023

"CUORE NEL CUORE. RESPIRO NEL RESPIRO"

 

Anna Maria Curci propone la poesia di Maria Gabriella Canfarelli

Dopo l’estate

 

Quaggiù dove passi

come agosto che passa di mano

l’estate a un altro luogo

non smontare la guardia,

ne verrà più sottile la pelle all’attenzione

dei segni tracciati visibili

tra mento e collo, negli occhi

fissi allo specchio senz’ombra

di dubbi vedrai

lo stampo irreversibile del giorno

in un vento contrario, ti scoprirà

forestiero (uno che nessuno ha invitato).

(p. 31)


Diviso in tre sezioni, ciascuna composta di singoli componimenti corredati da un titolo, Il viaggio sulla Terra della signora C. di Maria Gabriella Canfarelli (Carabba, Lanciano 2023), ha una solida unità, un filo robusto che passa per i testi e li collega, palesandoli come tappe di un’unica via.

Questa via è insieme pellegrinaggio e duplice esplorazione, dell’immanente così come dell’ulteriore. Come per ogni pellegrinaggio c’è una meta, che è qui quella che attende tutti gli umani, il termine dell’esistenza terrena; ci sono, altresì, constatazioni, osservazioni e scoperte che si presentano lungo il percorso.

Dopo l’estate è una delle ultime poesie della prima sezione, il cui titolo è un verso tratto da The Waste Land di T.S. Eliot, per la precisione dalla parte V. What the Thunder Said: «Noi che eravamo vivi stiamo ora morendo» (We who were living are now dying).

La progressione verso la meta comune all’umanità, costituita da nessi consistenti, continua e ricca di riflessioni, si manifesta con una caratteristica costante nella poesia di Canfarelli: la ricorrenza dell’enjambement che in questa poesia, con pochissime eccezioni, lega quasi tutti i versi del testo.

Nel cambio di stagione, da un agosto che si mostra come giocatore incallito che passa la mano a «un altro luogo», l’invito rivolto a un tu, non nominato, ma che pare molto vicino all’io poetante, è quello di non cedere alla stanchezza e allo scoramento, di «non smontare la guardia», di sostenere sia una forma di abbacinamento che proviene da un giorno dotato di «stampo irreversibile», sia «un vento contrario».

Attenzione e perseveranza, veglia e resistenza, espressi con accenti simili a quelli che il profeta Isaia nell’Antico Testamento riserva alla sentinella dall’Idumea – se lì si chiedeva a chi vigila «A che punto è la notte?», qui l’interrogativo sembra riguardare durata e materia del giorno -, lasciano segni visibili, nella pelle che si fa sottile, nei solchi tra mento e collo. C’è un’attesa che consuma energie, dunque, e che attraversa una scoperta che richiede il coraggio di affrontare altre prove ardue e la capacità di affondare ancora la mano, scavando, nelle proprie, forse sempre più esigue, risorse: è la scoperta che il “tu” farà di essere «forestiero», la rivelazione circa il suo essere uno che nessuno ha invitato.

Il viaggio, tuttavia, prosegue, non c’è rinuncia, ma prosecuzione, con nuova, più impegnativa consapevolezza, di un quaderno del cammino, che sia diario di bordo o «lettera al buio».


Anna Maria Curci


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