“Di sabbia e d'arancio canterò” Ed. Cofine, Roma, 2023.
Prefazione di Anna Maria
Curci.
La raccolta ha visto la luce in un recente mio momento doloroso ed è composta da poesie scritte negli ultimi due anni e da altre che risalgono a un precedente periodo. Nonostante essa descriva esperienze ed emozioni affatto personali, non è certamente poesia intimistica, né si può negare il suo carattere sociale. Ogni poesia che eccita la mente e lo spirito, suscita domande, accenna temi che possano essere condivisi o recepiti, se non fatti propri, da un contesto sociale - senza esprimere verità assolute – è poesia sociale.
Solo
con questa convinzione, grazie alla
profonda lettura della prefatrice, ho affidato all'editore la mia opera. L'ho
composta come un canto, preannunciato dal titolo che non rimanda ad un tempo
futuro, ma dice l'impegno a poetare,
sostenuto dalla speranza, frutto dell'esperienza vissuta di sabbia e
d'arancio. Per il lettore non è difficile cogliere nella silloge l'eredità
di aedi e i “cantastorie” perché la poesia è anzitutto canto; così come
desumere dalle parole del titolo, oltre al significato esperienziale, quello
simbolico: la sabbia, richiamo del mare, della forma mutevole, del
tempo; l'arancio, che evoca intensità di sapori e profumi, oltre,
evidentemente – i suoi fiori - le nozze.
Le
stesse tre parti del libro – Rapsodia, Meditativo Adagio e Sinfonia d'Amore
– non esprimono supponenza, tutt'altro: dicono di un travaso, non solo
simbolico, dai versi alle frasi e tra le
poesie e le composizioni musicali.
Il
tempo, la cadenza, è una costante della
mia poesia, così come il viaggio, il paesaggio, i confini. Ma qui c'è una
novità, come evidenzia Anna Maria Curci nell'ottima prefazione: “E' una
sinfonia che risuona di una nuova consapevolezza, che vibra di suoni che
mescolano, intrecciano, accordano sensazioni differenti, talvolta opposte...”
Nella
decisione di una pubblicazione di una nuova opera mi pongo sempre delle
domande: “A chi può interessare ciò che
scrivo? Cosa aggiunge alle innumerevoli parole e immagini? Cosa resta?” Penso
che ogni scrittore dovrebbe farsele, per il bene della Poesia o almeno del
lettore. Ma va bene così, si sceglie, si accoglie o si mette da parte.
Dunque
a chi può interessare questa silloge? Credo agli scrittori, perché non ripetano
i miei stessi errori; ai lettori che, voglio sperare, scoprano nelle righe
bianche tra i versi e negli spazi tra le parole il labor limae: la
fatica di eliminare gli aggettivi, di trovare la parola più adatta a quel
contesto, insieme alla ricerca del ritmo, allo stupore dei sensi. Nelle liriche
mi sembra siano risvegliati tutti e cinque i sensi, vista, udito, olfatto,
gusto, tatto: tale è la suggestione,
perché la poesia non è solo suono e senso, ma anche estasi nel senso
etimologico del termine. E questo credo aggiunga qualcosa agli innumerevoli
versi e parole già scritte.
Cosa
resta? E' la domanda più difficile, quella affidata al tempo, amante o tiranno.
Posso dire ciò che mi resta dopo l'imprimatur: l'amore per la poesia,
per la musica, per l'umanità; la visione d'un tempo che tra-scorre - accompagnando viaggi, visioni, ricordi, echi
di miti - che crea assenze e vuoti che pure hanno un peso; il desiderio di gustare
la vita senza fretta, rallentando, in un atteggiamento ritenuto dal senso
comune anacronistico, ma necessario per non perdersi in un affastellamento di
esperienze e di giorni. Non mi riferisco al “topos” del carpe diem, ma
al “rallentare il tempo” o se si vuole il “perdere tempo” nel riflettere,
nell'osservare un panorama o una scena, senza immediatamente fotografarli,
nell'attendere un tempo di silenzio, alla fine di un concerto, prima
dell'applauso.
Infine,
“il bacio sulla bocca” di Ivano Fossati, richiamato in esergo; quel bacio degli
amanti - ma anche il gesto metaforico -
in grado di perdonare ogni cosa, errori, mancanze, tradimenti, egoismi.
Il bacio sulla bocca, brama di vivere immersi dentro una relazione, di
rinnovarsi senza cedere alla tranquilla ma vischiosa abitudine dei giorni,
anche e soprattutto nel ricordo di ciò che si è avuto e che nulla toglie.
un lenzuolo di sole, le parole ascolto del mare.
Parallelo al mio sguardo, il paese
come glassa su rupe
di un’antica difesa.
Fino al cuore l’odore di te,
delle labbra attendo il sapore.
timore e sfida del nuovo mondo,
in equilibrio sulla roccia
di magma inquieto al fondo.
Sulla fiamma il vento d’Occidente,
e sulla voce nostra che cerchiamo
un senso e un suono alieno,
per scrutare quello che siamo.
Illusi dalla freccia del tempo
coviamo il dubbio se il tesoro
ci attenda alla Fine del Mondo
o nell’Oriente dai riflessi d’oro.
Autunno
metti qualche castagna al fuoco
vivo e gusta il tuo momento.
Il tempo è breve
ma sorso a sorso è tanto.
Nei giorni dell’abbandono
Nei giorni dell’abbandono
frammenti di frasi, pensieri
non detti, una cura cercata
scambiata con gesti di cura.
Ci lasci il sorriso, malgrado
la pena del cuore celata
dentro il cassetto.
Sapevi che l’avrei dischiuso?
MAURIZIO
ROSSI
Medico
specialista attualmente in pensione. Ama scrivere in lingua e in dialetto romanesco.
Nel 2008
ha pubblicato la prima raccolta di poesie "Dal pozzo al cielo"
a cui sono seguite: "Tempo di tulipani", 2009; “Sono
aratro le parole”, 2011(Lietocolle); “Che resta da fare”,2014
(Lietocolle);“Cercanno leggerezza” 2015, in dialetto
romanesco; “La veglia e il sogno”, 2019 (Aperilibri,
Cofine). Nel Novembre 2022 ha pubblicato il romanzo “La ruota di
Duchamp” (ed. Cofine). "Ma è si...cura?" in romanesco, menzione di
merito al Premio "Poesia in omeopatia" (Fi) 2013. Nel 2017 II
Classificato per la sezione “Stornelli” al Premio “Vincenzo Scarpellino”
per i dialetti del Lazio; nel 2018 II Classificato per la sez. “Poesie” e
finalista nella sez. “Stornelli” del medesimo concorso. Nel 2020 prefatore de
“Quegli anni dall'alto” di Antonio Orlandi, ed. Cofine, Roma; nello stesso anno
ha partecipato con scritti critici al volume “Vincenzo Luciani, poeta editore”
Ed. Cofine. Nel 2021 ha curato la raccolta di articoli “Il virus in una stanza”
ed. Cofine.
Collabora
con scritti e recensioni a “Poeti del Parco”; è nella redazione della Rivista
“Periferie” diretta da V. Luciani e Manuel Cohen. E' socio de "La
Primula", associazione tra
volontari e famiglie di disabili, nella quale partecipa al laboratorio teatrale integrato e
agli spettacoli messi in scena. E' tra i promotori dell'Associazione “Casa delle Poesie
Centocelle” nel territorio del V Municipio.
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