1) Poesie
(1994-2024) è un libro, che ripercorre e
ripensa il tuo percorso poetico in un
lasso di tempo di trent’anni. Nella nota conclusiva sottolinei che
l’accostamento dei testi è di tipo
stilistico-tematico. Oltre questo filo conduttore, quali sono le tracce, gli
indizi che tengono insieme testi così temporalmente distanziati?
Per portare
a termine un’opera devo avere una fortissima motivazione. Essa è situata in un
misterioso angolo dell’animo, è un sentimento dirompente, ed è anche
un’ossessione, sfugge alla razionalità ed è un pensiero che resta acceso, un
fuoco, che si spegne solo quando l’opera è finita, e spesso, solo quando è
pubblicata. Avevo bisogno di porre fine al mio scrivere in versi, le
motivazioni sono molte e probabilmente le esternerò poi. Quindi quest’opera
parla della fine di qualcosa, è quindi un’opera paradossale, perché ha una sua
necessità di vita (parlo di mia necessità, poiché non ho la presunzione di
creare qualcosa che sia necessario per gli altri) ma testimonia una fine.
Parlare di una fine non può
eludere però un discorso sulla morte: la morte della poesia (immaginata
non solo per me ma per tutti), la morte di ogni essere (o pensiero) che vive. E tali percorsi
portano a un precipizio; per salvarmi prendo allora le distanze e tratto i
componimenti che ho autoantologizzato (con l’aiuto di amici lettori!) come
fossero un materiale. Mattoncini che compongono un libro. Ma è materiale, in
realtà, ben più fluido: liquido. Mi serviva, per proporre una raccolta tanto
corposa (i versi derivano da raccolte più brevi - come sono tutte le mie opere
- ), che tutto fluisse, che scorresse come un fiume. Quindi ho tolto ogni
suddivisione in sezioni o capitoli, ogni titolo, ogni indicazione che potesse interrompere un ritmo. Tale ritmo si
arresta solo all’ultima pagina, ma fino ad allora non è regolare, la partitura
prevede cambi di tempo in chiave, per così dire; del resto lo scorrere
dell’acqua in un fiume cambia, perché incontra pietre, l’argine può stringersi
o allargarsi, come la portata d’acqua. Ma cambia anche la lucentezza, quel
brillare che percepiamo nelle giornate di sole, cambia nel nuoto dei pesci, con il saltellare delle rane, per il volo delle libellule: non è
mai uguale, ma è sempre presente. Dunque la morte è il cardine su cui tutto
ruota, dalla fine dell’adolescenza alla fine della giovinezza: la morte che,
infatti, possiamo chiamare fine. Fine dello scrivere poesia. Fine della
raccolta. Fine di una singola poesia. E poi c’è anche l’altro nome della morte,
il nome che risuona quando si fanno le carte divinatorie: trasformazione.
2) Mi sembra che un
aspetto centrale del libro sia la
relazione in cui stanno nei tuoi versi
memoria e attesa e quindi una riflessione sull’esistere dell’uomo. Come
dialogano, se lo fanno, queste due dimensioni
nelle tue poesie?
È giusto quello che dici. Il passato torna
continuamente e permane, ogni giorno, assieme al presente e al futuro. Un’altra
costante del mio essere autore (preferisco, quando necessaria, una
“etichettatura” di me il più possibile generica, dato che, come forse sai, la
poesia in me si è sempre affiancata alla canzone, al teatro, e da qualche anno
alla narrativa fantastica, che è ciò di cui voglio soprattutto occuparmi in
futuro) è il sovrapporsi di questi elementi temporali, oltre che di registri e
di tecniche. Da piccolo giocavo con le parole nel modo più violento possibile:
le scrivevo una sopra l’altra, il risultato era un segno indecifrabile. Era il
sovraccarico di informazione, era l’esplosione della vitalità e allo stesso
tempo l’implosione, la fine della comunicazione stessa. Forse l’inizio della
poesia. Probabilmente l’inizio di un afflato creativo che aveva a che fare con
le parole e che non poteva esaurirsi con la poesia. Infatti la poesia, per me,
si è rivelata sempre più inadeguata, insufficiente. Per quanto riguarda
l’attesa, è in effetti un altro tema per me fondamentale: non riesco a non
pensare a una raccolta in particolare, Onore
ai vivi nel 2018 (anche da essa ho estrapolato alcune poesie per inserirle
in questo ultimo definitivo libro). Onore
ai vivi, è stato scritto durante la gravidanza della mia compagna, è un
libro sull’attesa. L’attesa del figlio e l’attesa che una sensazione diventi un
concetto, e attesa che tale concetto diventi una parola, e che la parola possa
essere usata in qualche modo. Non sappiamo fino all’ultimo momento se tale
parola apparterrà alla poesia. In una poesia, in realtà può trovare solo una
luminosa e temporanea collocazione, ma porterà sempre con sé dell'altro, altri
significati sovrapposti, perché la parola, come la poesia, è viva e impura.
3) Inoltre è presente in maniera evidente nei tuoi testi una
riflessione esplicita sulla parola poetica, basti pensare al verso in esergo:
Le parole non appartengono alla poesia. Qual è il tuo rapporto con la scrittura
poetica e il suo senso?
Bisogna
rassegnarsi, e farlo con gioia. “Le parole sono di tutti”. Tutto ciò che ho
detto prima, il giungere all’esaurimento della possibilità di dire in poesia,
l’esaurimento della poesia stessa, si accompagna all’osservazione della poesia
contemporanea, osservazione sempre più faticosa, che pure continuo a fare con
ostinazione e, a volte, interesse, da lettore e da editore (con il progetto
quasi decennale di Lamantica Edizioni), mentre da autore respingo le idee
poetiche, di poesia pura, per, eventualmente, trasformarle in qualcosa d’altro.
Dunque faccio fatica a dare il giusto peso alla parola poetica, oggi. Vedo la
poesia inguaribilmente elitaria, autoreferenziale. È il destino di molte altre
forme artistiche che secondo me faticano a
rinnovarsi, e forse non possono farlo proprio perché il loro linguaggio, oggi,
è depotenziato. La poesia ha bisogno di silenzio, e quindi anche se molte
persone si muovono con la poesia, ai festival, per esempio, o in altre forme
organizzate di divulgazione, non significa che la poesia sia uno strumento
ancora valido. Quindi come fruitore, soprattutto, mi trovo in continui vicoli
ciechi e, riguardo alla poesia, mi tengo strette le letture dei classici del
Novecento italiano, che credo sia un apice irraggiungibile, una costellazione
di poeti patrimonio dell’umanità di cui dobbiamo essere grati. Nella
contemporaneità ci sono vari epigoni, ci sono certo bravissimi poeti, ma temo
che si muovano in direzioni già
percorse, o che, comunque avrebbero
potuto essere già percorse: non sono immagini dell’oggi.
4) Nel libro coesistono testi
più ampi e strutturati, con un respiro più lungo, altri brevi, quasi
epigrammatici. Come coesistono le
diverse forme di dettato nella tua scrittura?
Ogni libro che ho scritto sentivo che poteva essere
l’ultimo, poi sono arrivato a considerare ogni singola poesia come l’ultima. Ad
ogni riemersione, ricominciavo da capo. Probabilmente è per questo che ho
tentato di esprimermi in modi diversi, sempre con l’idea che ogni volta dovevo
dire tutto. Varie forme di tutto, ma sempre in un modo definitivo, che non
lasciasse scampo a nulla di
ciò che provava a fagocitare. Mi è sempre sembrata inoltre una
scappatoia, anche un pochino disonesta, ripetere una forma, avere per così dire
uno stampino pronto. Perché del resto la forma è anche il contenuto e non mi
sarebbe bastato dire cose nuove o apparentemente nuove, usando lo stesso
dispositivo tecnico. Il rischio è la cosa più affascinante dello scrivere,
perché ci porta in territori che non conosciamo, anche di noi stessi. Ecco,
direi che l’unica possibilità dello scrivere, del creare, è corteggiare il
mistero, non averne paura. Senza mistero non c’è poesia, non c’è scoperta. Le
cose che dico qui le porto nella prosa, nelle canzoni (che pure non voglio più
scrivere), e nel lavoro editoriale. Penso che ci sia troppa volontà di chiarire
tutto, di mostrare come è tutto pulito e organizzato (e facilmente vendibile e
consumabile - anche l’inconsumabile poesia -): Lamantica Edizoni racchiude
tutto nella sua carta azzurra, che si modifica in formati diversi, per meglio
accogliere il testo, ma non ci sono collane, ogni libro vive della sua natura,
non ci importa il genere letterario (a volte non sappiamo nemmeno quale sia),
ogni libro è un fiume in piena, necessario per noi, e speriamo anche per gli
altri (qui sta l’atteggiamento diverso tra il mio essere autore e l’essere
editore - come editore do alle stampe un libro soprattutto per gli altri -). La
creazione è un gesto misterioso. Insomma, aumenterei la percentuale di
“ispirazione” e abbasserei quella della “traspirazione”, nella famosa ultra
citata frase: non dobbiamo dimostrare di essere grandi lavoratori, artigiani
della poesia (orrore!), non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. La cultura è
una proposta, non un’imposizione; non stiamo calando perle dall’alto, per
qualche porco che sta di sotto. Penso che vadano ripensate molte cose. Almeno
io voglio farlo, a costo di essere invisibile: c’è una partecipazione al di
fuori dei grandi eventi e una condivisione al di fuori dei social network.
Quindi, per tornare alla tua domanda, direi che il coesistere di dettati
diversi è insito nell’espressione stessa, è uno dei requisiti.
*
C’erano i mostri alle finestre e
fiamme,
e Dedalo giù in basso che gridava...
e questa luce di un lampadario
già di recente frantumato.
Lui bellissimo, seduto senza sguardo,
con la cintura di cuoio
che si è già tolto e che è finita
lunga
lì sul tavolo
ferma a guardarlo
come un serpente in agonia cuoio morto
che ha fatto scappare Agnese e Luciana
già pronte per scappare e vanno
in paese tornano stasera
e chi si ricorda più
quello che Agnese gli ha gridato,
e la vocina di Luciana...
Lui che le aveva prese su un bel
giorno del ‘50,
e le ha prese su dal paese
tra lacrime e bei sorrisi di tutti,
e le ha portate in un bel posto nuovo,
in città,
e c’era l’allegrezza al cuore.
Ha tutto dimenticato come tutte le
sere
quelle arrivano
ogni giorno è sempre un giorno
strisciando come la cinghia cuoio
morto che le fa scappare ancora.
Alla finestra ci sono questi
grandissimi ragni
con gli occhi da donna,
ragni che lo vogliono prendere,
lui che invece non ha sguardo:
è forte come un toro e sorride
aspettando come tutte le sere quel
sonno
che non gli fa sentire più niente
addosso
né di come brucia tutto,
dalla gola al sesso.
*
Scelgo il libro per la notte.
Il giorno per quanto dolce
risveglia tutti i mostri.
È una pioggia di denti chiusi forte.
Corriamo allo spazio vuoto
e lì troviamo ore salve:
le costellazioni impure
della rinascita.
*
Quando avrò finito tutti i soldi
non riconoscerò più molte parole,
due volte al giorno penserò alla morte
mentre una zanzara d’autunno
mi assaggerà.
Alzando gli occhi sulla tua pelle
chiara di Albicocca
saprò soltanto parlare di attimi
fatti di smarrimento e candore:
mi illudo di non essere più io
ma un soffio soffiato da chiunque:
un canto dei morti
o il nostro bel cielo
incrostato di grigio e di nero.
Biografia
Bibliotecario, scrittore e musicista. Per più di vent’anni si
è occupato di poesia, canzoni e testi per musica. A partire dagli anni Dieci
affianca a queste attività la scrittura di romanzi brevi. Ha pubblicato libri
per bambini ed è autore per il teatro. Dirige dal 2015 il progetto
microeditoriale Lamantica con la traduttrice Federica Cremaschi. Oggi si dedica
prevalentemente alla narrativa fantastica. Nel 2021 il dialogo in versi In
ricordo di Pier Paolo Pasolini viene pubblicato in greco con il testo a
fronte italiano da Enipnio Publishing di Atene. Nel 2024 è tornato al teatro
musicale con il testo di A chi non c’era, lettura-concerto del
compositore Antonio Giacometti per il 50esimo anniversario della Strage di
Piazza della Loggia. Tra le molte pubblicazioni ricordiamo le raccolte poetiche
Incontro al tuono vicino e Onore ai vivi, i romanzi brevi Fermate
la produzione e Veranio e gli album cantautorali Gli altri mai
e Stadio successivo.
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