PRESENTAZIONE

sabato 9 novembre 2024

PAROLA CHIAVE: SPIRAGLI - Doris Bellomusto


Lo spiraglio dell’alba

respira con la tua bocca

in fondo alle vie vuote.

Luce grigia i tuoi occhi,

dolci gocce dell’alba

sulle colline scure.

Il tuo passo e il tuo fiato

come il vento dell’alba

sommergono le case.

La città abbrividisce,

odorano le pietre ‒

sei la vita, il risveglio.


Stella sperduta

nella luce dell’alba,

cigolio della brezza,

tepore, respiro ‒

è finita la notte.

 

Sei la luce e il mattino.

                                                    Cesare Pavese

                                                    da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”

 Leggo i versi esatti di Pavese e tra tutti "lo spiraglio dell'alba", nella sua nitida semplicità, mi sembra il più denso di senso e di luce.

Mentre leggo ritorno all'amore, al baricentro delle nostre vite minute, agli spiragli di luce che ogni amore porta con sé, perché l'amore questo è, radice e vincolo, spiraglio e nascondiglio. La parola "spiraglio" contiene semi di luce e di vento e, forse, non a caso è anagramma di "spariglio". Quando si spariglia si aprono nuove possibilità di gioco, quando si aprono spiragli la vita si allarga all'improvviso. Una vita intessuta d’amore spariglia la noia, cerca spiragli di quotidiana armonia, vie di fuga dall'ordinario, sentieri inesplorati.

Mentre leggo, attraverso un amore non mio, lascio che si mescoli al mio sangue e provo a saltare altrove da me, a respirare un'aria diversa.

Cerco spiragli.

Se fossi rondine, ape, formica, petalo, foglia, rugiada; se fossi muta creatura mortale, sarei, forse, più grata, sazia di vita, d'amore, di morte, lieta di respirare, senza sapere come. Ma sono io, minuta creatura mortale, persa nel tentativo di indagare i significati di una parola che resta socchiusa, come spesso  accade a sud di ogni altrove. Non sono sola, qui tutti cerchiamo spiragli; vogliamo giocare nelle stanze di ieri; respirare ricordi; dire cose lievi; violare divieti; vietare giudizi; sgusciare di sera a spiare la luna; sperare di essere stelle, pulviscolo, tremore e pioggia; petricore. Siamo creature mortali, anime animali in cerca di luce e d'amore.

Qui si lascia l'uscio socchiuso, si tiene uno spiraglio aperto per accostare al cuore le cose indecise, tenerle sospese, arrese alla vita che non conclude, esclude ipotesi e chiude la porta alle possibilità.  A sud di ogni altrove si preferisce restare a mezz'aria, socchiudere il cuore e lasciare che passi la luce senza ferire.

Qui si cammina insieme, un passo per volta, ognuno col suo un sasso nella scarpa e con un asso nella manica. Nessuna risposta certa alle domande che tracciamo sul selciato, la vetta spiata dal basso e vista controluce conosce la pazienza delle attese.

Scriviamo come fosse vero il cammino, nei muscoli l'inutile tensione della fantasia.

Attraversiamo da qui passaggi di tempo, oltre l'istante troviamo la nebbia e la rugiada, il pettirosso e un battito d'ali che ci spinge a misurare il passo, lanciare il sasso, giocare l'asso e poi tornare a casa, col cielo in tasca e un miracolo in più, nascosto chissà dove.

 

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