Io
che come un sonnambulo cammino
per
le mie trite vie quotidiane,
vedendoti
dinanzi a me trasalgo.
Tu
mi cammini innanzi lenta come
una
regina.
Regolo il mio passo,
io
subito destato dal mio sonno,
sul
tuo ch’è come una sapiente musica.
E
possibilità d’amore e gloria
mi
s’affacciano al cuore e me lo colmano.
Pei
riccioletti folli d’una nuca
per
l’ala d’un cappello io posso ancora
alleggerirmi
della mia tristezza.
Io
sono ancora giovane, inesperto,
col
cuore pronto a tutte le follie.
Una luce si fa nel dormiveglia.
Tutto
è sospeso come in un’attesa.
Non
penso più. Sono contento e muto.
Batte
il mio cuore al ritmo del tuo passo.
da Pianissimo (1960) di Camillo Sbarbaro
Ti vedo, Camillo, estroso fanciullo, come ha scritto di te il tuo amico di sempre,
Montale. In questa rêverie sei un
fanciullo attempato, con le rughe attorno agli occhi miopi e acuti, il vestito
grigio topo da uomo serio e onesto, giacca, cravatta, panciotto, il bastone da
passeggio per le vie di una città che conosci, ma non ti conosce. Non pensi a
niente, l’indolenza ti prende spesso, con facilità – te lo rimproverano gli
amici, te lo rimprovera l’amata sorella, unica vera presenza femminile nella
tua piatta vita volontariamente grigia. Poi quella donna. La vedi, la segui. È
solo un sogno, un sogno come tanti, una donna che non sarà mai tua,
un’impalcatura a cui appendere versi, più tardi, a casa, nella solitudine delle
tue carte, ricordando Baudelaire, che conosci a memoria, che ti ripeti
sussurrando, che ami tradurre, ricreare e rivivere. Sei un fine traduttore,
specialmente dal francese -lo sappiamo tutti.
Certo, la donna sconosciuta e Baudelaire
sono il decollo, ma atterri su uno dei più begli endecasillabi della lingua
italiana e si sente battere, il tuo cuore, sotto il panciotto dell’abito
grigio, da cui certamente spunta l’orologio a cipolla, quello che scandisce le
tue ore volutamente piatte, tediose.
Una donna vera, una donna tutta tua, tu
non la vuoi. Tua sorella dice che una volta hai avuto l’occasione di sistemarti, con una lontana cugina, ma
non se n’è fatto niente. E accenna, con discrezione, al tuo amore forse
platonico con Elena De Bosis Vivante, sposata, madre di quattro figli, luminosa
padrona di casa nella villa senese di Solaia, dove quella volta c’era anche
Montale e scrisse una poesia in cui la definiva signora di noi tutti – e in questa poesia c’eri anche tu.
Chissà quanto di fisico c’è stato in
questo eterno amore, fondato su un’eterna amicizia, ma non importa, per gli
inevitabili piaceri della carne c’erano gli angeli del lupanare, le fanciulle
in affitto da te cantate con dolce mestizia e grande tenerezza. Perché eri un
uomo buono in tutto, nella tua esistenza volutamente grigia – e figlio di un
tempo ante legge Merlin. Le
prostitute facevano parte della vita, come il sole e il vento, ci andavano
tutti, prima, durante e dopo il matrimonio. Le donne perdute erano anche un
ottimo espediente letterario per molti poeti, te compreso.
E infatti eccola, una delle tue tante
donne perdute, mentre attraversa una pagina di Scampoli ed è, anche lei, una passante,
un sogno mai avverato:
«Scende a tastoni la scaletta dove uccellano all’ore piccole le veneri a buon mercato, una giovane donna. Squallida, coi segni in viso del male, indossa ancora gli abiti del piacere.
Giunta in fondo, alla vita del trambusto e
del traffico da affrontare, smarrita sorride della sua debolezza; quasi le
viene di ridere.
Reprimo l’impulso di manifestare
pubblicamente la mia simpatia per quella incoscienza. La guardo traversare
vacillante la strada, supplicando col gesto i tram di non schiacciarla».
BIBLIOGRAFIA
SOMMARIA E INCOMPLETA, CHE PUÒ COMUNQUE ESSERE UN PUNTO DI PARTENZA PER
AVVICINARSI A SBARBARO
Segnalo qui le edizioni delle opere di Sbarbaro che ho letto: le Poesie e prose dei Meridiani Mondadori, L’opera in versi e in prosa degli Elefanti Garzanti, il solo Pianissimo edito da Marsilio; in ciascuno di questi libri si trovano note, bibliografie, rimandi e quant’altro. Tra le sue opere non bisogna dimenticare il tenero Autoritratto (involontario) di Elena De Bosis Vivante da sue lettere, pubblicato dall’amico editore Scheiwiller, (anche se questa è una sua opera sui generis, visto che si tratta di una scelta del loro epistolario delle sole lettere di Elena).
Le liriche in cui Montale parla di Sbarbaro le ho potute leggere nell’edizione degli Elefanti Garzanti dedicata, appunto, a Montale.
Alcune testimonianze postume sulla vita del poeta sono nel volume Camillo Sbarbaro. Ricordi e documenti, di Ferdinando Galardi (Erga Edizioni). Oltre ad aneddoti personali dell’autore del volume, ci sono delle sue interviste a Clelia Sbarbaro, che ci restituisce l’amato fratello nel bene e nel male, con tutte le sue umane sfaccettature.
Per ulteriori notizie mi sono avvalsa di tre atti di convegni sull’autore: Camillo Sbarbaro. Atti della giornata di studio. 11 aprile 2003 (Edizioni San Marco dei Giustiniani); Sbarbaro e gli altri. Convegno nazionale di studi, Spotorno, 1-2 dicembre 2017 (Edizioni San marco dei Giustiniani); La poetica di Camillo Sbarbaro. (A cinquant’anni dalla morte del poeta, 1967-2017). Atti del convegno Arezzo, 11 novembre 2017 (Franco Cesati Editore).
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