PROGETTO

venerdì 23 maggio 2025

La sedia di Gauguin

 

Vincent van Gogh, La sedia di Gauguin (1888); olio su tela, 90,5×72,5 cm, Van Gogh Museum, Amsterdam. Immagine di dominio pubblico


La cattedra vuota del dio minore

Eppure fu luce —
una candela sola a reggere
l’assenza come un cuore che brucia piano.
Non c’è corpo sulla sedia,
ma un’eco curva,
come se Dioniso,
disceso dal delirio,
avesse lasciato il suo trono al buio.

Van Gogh dipinge un altare sbilenco
in cui ogni fiamma è una domanda,
e ogni piega del legno
una scrittura sacra
incisa con i denti della notte.

Quella è la sedia di Gauguin,
ma anche il giudizio di un’amicizia
che non ha retto il peso del fuoco.
Due visioni a duello,
come Giacobbe e l’angelo,
a mani nude nel cuore dell’Arles.

Guarda come vibra il pavimento:
mosaico di sangue e girasoli spezzati,
una terra che geme sotto la stanchezza
dei santi e dei folli.

Il verde del muro è un abisso,
la candela — un occhio che resta aperto
quando il mondo si chiude.
E quella lettera, gialla come il tempo,
è la profezia che nessuno legge,
la parola che resta
quando il verbo si frantuma.

C'è un silenzio che parla
più della voce —
è il silenzio di chi resta,
di chi guarda la sedia
e vede il vuoto farsi icona,
stigma, soglia,
materia per il divino che ci sfiora.

Van Gogh, sacerdote
di una liturgia senza dogmi,
ha inciso il dolore con l’olio e con la fede.
Ha visto nei mobili
le reliquie della bellezza.
E nell’assenza,
una resurrezione mancata.

 


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