PRESENTAZIONE

venerdì 10 novembre 2023

UN LIBRO IN TRE PAROLE - Griselda Doka

 

“Il leggero transito delle parole” , Macabor Editore 2023 di Griselda Doka

 Stazione – navigante – attesa

Credo che in tanti possano concordare che la composizione di una silloge poetica sia un esercizio intellettuale   totalizzante.  Aggiungere   e   togliere   poesie,   aggiungere   e   togliere   versi,   spostare, riscrivere, cancellare, riprendere...sono tutte azioni note, fini al raggiungimento dell’opera – mai finita - che noi chiamiamo “raccolta poetica”.

Volendo descrivere la mia ultima creatura poetica con tre parole, partirei sicuramente dal luogo fisico per eccellenza, fulcro dell’intera raccolta: Stazione.

Sono state proprio le “stazioni fisiche”, i luoghi di passaggio (porti, aeroporti, terminal) che mi hanno ispirato gran parte delle poesie. È lì che osservo l’autenticità della vita nella sua piena vulnerabilità, precarietà, transitorietà. Attraverso le emozioni degli altri, sintetizzo anche i miei sentimenti così simili a chi in quel momento incrocia il mio sguardo o attraversa il mio stesso destino.

Inoltre, la stazione è intesa anche come un luogo simbolico, un rito di passaggio da una fase della vita all’altra, da un vissuto all’altro. In tal senso sono state tante le stazioni della mia vita, dove ho gravitato a volte nell’attesa di un cambiamento significativo, altre per fuggire e per non farvi mai più ritorno. La stazione è dolore, sudore, disagio, amore, speranza e fede. È il mio logos poetico della terra di nessuno, il mio Qui et ora dove tutto è possibile: chissà cosa accadrebbe se all’improvviso/si unissero tutti i fusi orari/se così, per gioco, tutte le mete si fossero dirette/nella stessa Stazione.

Nelle stazioni infatti, transitano tanti “naviganti”, l’uomo e il suo bagaglio di vita, a volte molto pesante per essere trascinato. Potrei dire che tutto il ritmo di questa silloge è tutto un “ante”, un divenire sofferto e sognato allo stesso tempo da coloro che si possano riconoscere come: migranti, naviganti, itineranti/viandanti.      

Orfano di bussole/ogni navigante assorbe l’orrore /alla luce del sole /ognuno calpesta l’ombra di chi può.

Infine, non ci può compiere nessun viaggio reale o poetico, senza che ci sia il fuoco dell’”attesa” che lo alimenta. La perpetua tensione del verso che prende forma e vita, l’attesa di un cambiamento inevitabilmente possibile, oppure l’attesa di un semplice abbraccio che in qualche modo ci ricompone: quanti vinti abbracciati/dietro una porta di promesse/ non si riesce/né a vincere, né a perdere/con te tutto è vita. È nell’attesa di un prossimo passo che si prendono le decisioni o si compiono le azioni che non possiamo più rimandare. L’attesa è la nostra comfort zone dove possiamo scegliere di liberi di agire o semplicemente fermarsi e godere del tempo che ci è concesso.

  

Ho visto la vita passarmi davanti

in una stazione deserta del Sud

disinvolta si allontanava

 sciogliendosi nella nebbia

 ho sentito tante melodie sconosciute

 comporre il mio mondo

 e quelle conosciute il mondo degli altri

a che servono gli strilli, i gemiti, le campane

 su queste rotaie vuote

quando delle bambole ubriache

 ballano e ridono a squarciagola

 dalla testa ai piedi

 scuoto la polvere e mi incammino

 

.......

É difficile tenere vivi i ricordi,

tra cartoline e scatoli vari

la polvere della domenica che giace sovrana

sui boccioli di carta

strofino le palpebre e respiro profondamente

il passo dello scarafaggio

e lo sciame delle coccole ad un neonato

sorrisi appena accennati appesi sul gelso verde

dove il nonno poggiava il falcione e il cappello

e l’aria profumava di trifoglio bianco.

Non è difficile, invece, riconoscere il dolore

dietro gli sguardi stanchi

dove la sofferenza viaggia come una massa amorfa

appoggiata su stive di valigie

dolori arrugginiti sulle corde delle navi

addii soffocati

abbracci sospesi, promesse calpestate

sogni cullati con la ninna-nanna

di una madre in lacrime

distinguo le melodie sotto gli auricolari

che creano ricordi e graffi

 

......

Nella perfetta bellezza del cimitero

mi conforta il cancello aperto

sulla cui soglia non si ha paura

né dei morti e né dei vivi.

L’attesa è l’unico nodo

verso la brezza mattutina

quanto ci vorrà ancora per poter

benedire questa fronte

e lenire le labbra screpolate

la mia postura sbagliata

registra il doppio del carico

dei cammini paralleli

non so se bramare di più l’assenza

o una vita senza ricordi.

 


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