Oggi col cielo grigio e il
sole incerto, me ne vado a zonzo per cercare una diversa libertà; gli
occhi scarrellano sulle facciate dei palazzi, mentre i passi
scandiscono i ricordi. Cerco quella cartoleria, dove ammiravo le più
strane penne per scrivere; stava qui, mi ricordo: vedo invece un'agenzia
immobiliare che mostra non penne stilo, ma appartamenti, occasioni da non
perdere. E questa frutteria, spalancata sulla strada, che offre frutta e
verdura, dove qualche anno fa il videonoleggio mi rendeva incerto tra titoli e
trame, per trascorrere la serata in casa; anche le frutterie da un po' di tempo
sbocciano come i funghi che vendono, col risultato di una “domanda stimolata
dall'offerta/ per un'assurda legge di mercato”.
Mi sento straniero, turista
d'una città che frequentavo e conoscevo, lungo le strade che scandivano il
tempo libero e le passeggiate con i figli: deluso per questo straniamento,
dentro una sorta di spaziotempo passato senza tracce. Ricordo di aver scritto
qualche tempo fa: “La memoria resta / respiro sospeso/ non sa dove
posarsi,/ plana in ampi cerchi/ poi le ali chiude.
Mi attira un manifesto sul
muro; già, oggi è il 27 gennaio, Giorno della Memoria: strana
coincidenza per cercare un fantasma di quartiere. Questi negozi
materializzatisi in luogo di altri spariti, non sono solo l'imposizione di
nuovi gusti e bisogni; mi sembra siano figli d'una ricerca di novità, di
cambiamenti sempre più veloci, per i quali ieri e l'altro ieri, la memoria
e la storia, sono abiti pesanti che non fanno correre. Davvero la memoria
è un fardello, un fastidio da scacciare come insetto molesto?
Tra tanti graffiti sul muro,
uno mi richiama, come un grido “Senza memoria non c'è futuro” È per
questo che da una certa età in poi ci si aggrappa ai ricordi, per
prolungare la propria vita.
Più tardi a casa, dal
Vocabolario “Treccani” leggo: memòria s. f. [dal lat. memoria,
der. Di memo -ŏris «memore»]. – In generale,
la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno
completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative
risposte. In partic., con riferimento all’uomo (nel quale tale funzione
raggiunge la più elevata organizzazione), il termine indica sia la capacità di
ritenere traccia di informazioni... di cui si sia avuto esperienza e di
rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato...sia i contenuti stessi
dell’esperienza in quanto sono rievocati... Da un punto di vista psicologico,
sono state individuate tre modalità mnesiche principali, distinte ma non
separate, delle percezioni o esperienze avute: m. sensoriale; m. a
breve termine (o primaria), che ritiene le informazioni per
alcuni minuti; m. a lungo termine (o secondaria),
che conserva e permette di richiamare i ricordi anche dopo anni.
Dunque, nella nostra specie
umana, questa capacità raggiunge la più elevata organizzazione. Bene. Ma questa
sintetica spiegazione non può essere sufficiente a quietarci, poiché ogni
giorno ci confrontiamo, leggiamo, riflettiamo, ricordiamo, dimentichiamo, e soffriamo
per questo, come altri prima di noi. Soffriamo, e cerchiamo modi e alchimie per
trattenere i ricordi, oltre il limite nostro di creature del tempo, nel tempo
creato da noi.
Penso al poeta greco Kavafis,
la cui poesia ha vinto gli anni, grazie al quotidiano contatto con le cose del
passato che l'hanno, in un certo senso, protetta dalla volatilità.
Nell'arte mia portai
Quieto ristò, meditando.
Desideri, sensazioni
nell'Arte mia ho portato.
Volti che a stento
son riuscito a percepire,e
scarsi evanescenti
ricordi di fugaci amori.
All'Arte mia lasciate
m'abbandoni,
le forme del Bello essa
delinea, che ben conosce.
La vita essa ti riempie, quasi
non t'accorgi.
Le sensazioni associa, associa
i giorni.
(da Costantino Kavafis “Conservale
tu memoria mia...” poesie scelte e tradotte da G. Cesare Maggi- Ed. La vita
felice, MI – 2013)
Scrive F. Maria Pontani,
studioso illustre e delicato traduttore del poeta: “Nella
cristallizzazione di un passato biografico e storico, circoscritto a esemplari
momenti e parvenze, è l'alibi e la perennità di Kavafis: il suo è un canto
severo e fermo della memoria ed è riscatto di un mondo che appare gravato da
fatali condanne”. Una di esse è l'oblio. Contro di esso si agita
l'artista, nella sua duplice dimensione di creatura umana e creatore. L'arte
creata è di per sé memoria dell'artista e del suo tempo: ma che cosa fa sì che
la memoria non sia “a breve termine” bensì attraversi il tempo? Forse la
risposta sta ne “le forme del Bello” : la sostanza resta, muta la
forma; ma siamo consapevoli che una distinzione così netta non esiste né in
natura, tantomeno nell'arte. (Magari questo aspetto potrà essere sviscerato su
questo blog, in un altra “parola chiave”).
Ma è certo che la riflessione
non si acquieta, non può del resto trovare pace chi tenta di vivere il
presente, mentre ricorda il già vissuto, attende e programma i giorni a
venire. “Quieto ristò, meditando.” scrive Kavafis. È ancor più
necessario in questo tempo “liquido” - certamente di necessità mutevole -
fermarsi a osservare, a pensare, a scegliere o accogliere parole e
immagini. Quieto, paziente, senza fretta, non certo senza pace; meditare con i
propri e gli altrui “mal di pancia” - a volte vere e proprie doglie che
precedono un “parto”. Sappiamo quanto siano importanti le viscere per
assimilare e ancor più per difenderci; come siano un raffinato laboratorio,
crocevia di emozioni, assimilazioni o rigetto.
Ristare,
meditare, fare memoria: questi i presupposti dello scrivere, del mestiere
poetico? Non una condanna, piuttosto la moneta per “attraversare il tempo”
offrendo in olocausto la propria opera, non per sacrificarla a Crono, ma perché
la parola, quella che si ricorda, “vola in alto e cresce in profondità”,
in una misteriosa vitalità e fecondità. E mi piace concludere proprio con
una poesia di Mario Luzi
Vola alta, parola,
cresci in profondità,
tocca nadir e zenith della tua
significazione,
giacché talvolta lo puoi –
sogno che la cosa esclami
nel buio della mente –
però non separarti da me, non
arrivare,
ti prego, a quel celestiale
appuntamento
da sola, senza il caldo di me
o almeno il mio ricordo, sii
luce, non disabitata
trasparenza …
La cosa e la sua anima? O la
mia e la sua sofferenza?
Nessun commento:
Posta un commento