PRESENTAZIONE

lunedì 9 dicembre 2024

PAROLA CHIAVE: MEMORIA - Maurizio Rossi

Oggi col cielo grigio e il sole incerto, me ne vado a zonzo per cercare una diversa libertà; gli occhi scarrellano sulle facciate dei palazzi, mentre i passi scandiscono i ricordi.  Cerco quella cartoleria, dove ammiravo le più strane penne per scrivere; stava qui, mi ricordo: vedo invece un'agenzia immobiliare che mostra non penne stilo, ma appartamenti, occasioni da non perdere. E questa frutteria, spalancata sulla strada, che offre frutta e verdura, dove qualche anno fa il videonoleggio mi rendeva incerto tra titoli e trame, per trascorrere la serata in casa; anche le frutterie da un po' di tempo sbocciano come i funghi che vendono, col risultato di una “domanda stimolata dall'offerta/ per un'assurda legge di mercato”.

Mi sento straniero, turista d'una città che frequentavo e conoscevo, lungo le strade che scandivano il tempo libero e le passeggiate con i figli: deluso per questo straniamento, dentro una sorta di spaziotempo passato senza tracce. Ricordo di aver scritto qualche tempo fa: “La memoria resta / respiro sospeso/ non sa dove posarsi,/  plana in ampi cerchi/ poi le ali chiude.

Mi attira un manifesto sul muro; già, oggi è il 27 gennaio, Giorno della Memoria: strana coincidenza per cercare un fantasma di quartiere. Questi negozi materializzatisi in luogo di altri spariti, non sono solo l'imposizione di nuovi gusti e bisogni; mi sembra siano figli d'una ricerca di novità, di cambiamenti sempre più veloci, per i quali ieri e l'altro ieri, la memoria e  la storia, sono abiti pesanti che non fanno correre. Davvero la memoria è un fardello, un fastidio da scacciare come insetto molesto?

Tra tanti graffiti sul muro, uno mi richiama, come un grido  “Senza memoria non c'è futuro” È per questo che da una certa età in poi ci si aggrappa ai ricordi,  per prolungare la propria vita.

Più tardi a casa, dal Vocabolario “Treccani” leggo:   memòria s. f. [dal lat. memoria, der. Di memo  -ŏris «memore»]. – In generale, la capacità, comune a molti organismi, di conservare traccia più o meno completa e duratura degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte. In partic., con riferimento all’uomo (nel quale tale funzione raggiunge la più elevata organizzazione), il termine indica sia la capacità di ritenere traccia di informazioni... di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato...sia i contenuti stessi dell’esperienza in quanto sono rievocati... Da un punto di vista psicologico, sono state individuate tre modalità mnesiche principali, distinte ma non separate, delle percezioni o esperienze avute: msensorialema breve termine (o primaria), che ritiene le informazioni per alcuni minuti; ma lungo termine (o secondaria), che conserva e permette di richiamare i ricordi anche dopo anni.

Dunque, nella nostra specie umana, questa capacità raggiunge la più elevata organizzazione. Bene. Ma questa sintetica spiegazione non può essere sufficiente a quietarci, poiché ogni giorno ci confrontiamo, leggiamo, riflettiamo, ricordiamo, dimentichiamo, e soffriamo per questo, come altri prima di noi. Soffriamo, e cerchiamo modi e alchimie per trattenere i ricordi, oltre il limite nostro di creature del tempo, nel tempo creato da noi.

Penso al poeta greco Kavafis, la cui poesia ha vinto gli anni, grazie al quotidiano contatto con le cose del passato che l'hanno, in un certo senso, protetta dalla volatilità.

 

Nell'arte mia portai

Quieto ristò, meditando. Desideri, sensazioni

nell'Arte mia ho portato. Volti che a stento

son riuscito a percepire,e scarsi evanescenti

ricordi di fugaci amori.

All'Arte mia lasciate m'abbandoni,

le forme del Bello essa delinea, che ben conosce.

La vita essa ti riempie, quasi non t'accorgi.

Le sensazioni associa, associa i giorni.

(da Costantino Kavafis “Conservale tu memoria mia...” poesie scelte e tradotte da G. Cesare Maggi- Ed. La vita felice, MI – 2013)

 

Scrive F. Maria Pontani, studioso illustre e delicato traduttore del poeta: “Nella cristallizzazione di un passato biografico e storico, circoscritto a esemplari momenti e parvenze, è l'alibi e la perennità di Kavafis: il suo è un canto severo e fermo della memoria ed è riscatto di un mondo che appare gravato da fatali condanne”. Una di esse è l'oblio. Contro di esso si agita l'artista, nella sua duplice dimensione di creatura umana e creatore. L'arte creata è di per sé memoria dell'artista e del suo tempo: ma che cosa fa sì che la memoria non sia “a breve termine” bensì attraversi il tempo? Forse la risposta sta ne “le forme del Bello” : la sostanza resta, muta la forma; ma siamo consapevoli che una distinzione così netta non esiste né in natura, tantomeno nell'arte. (Magari questo aspetto potrà essere sviscerato su questo blog, in un altra “parola chiave”).

Ma è certo che la riflessione non si acquieta, non può del resto trovare pace chi tenta di vivere il presente, mentre ricorda il già vissuto, attende e programma i giorni a venire. “Quieto ristò, meditando.” scrive Kavafis. È ancor più necessario in questo tempo “liquido” - certamente di necessità mutevole - fermarsi a osservare, a pensare, a scegliere o accogliere  parole e immagini. Quieto, paziente, senza fretta, non certo senza pace; meditare con i propri e gli altrui “mal di pancia” - a volte vere e proprie doglie che precedono un “parto”. Sappiamo quanto siano importanti le viscere per assimilare e ancor più per difenderci; come siano un raffinato laboratorio, crocevia di emozioni, assimilazioni o rigetto.

 Ristare, meditare, fare memoria: questi i presupposti dello scrivere, del mestiere poetico? Non una condanna, piuttosto la moneta per “attraversare il tempo” offrendo in olocausto la propria opera, non per sacrificarla a Crono, ma perché la parola, quella che si ricorda,  “vola in alto e cresce in profondità”, in una misteriosa vitalità e fecondità.  E mi piace concludere proprio con una poesia di Mario Luzi

 

Vola alta, parola, cresci in profondità,

tocca nadir e zenith della tua significazione,

giacché talvolta lo puoi – sogno che la cosa esclami

nel buio della mente –

però non separarti da me, non arrivare,

ti prego, a quel celestiale appuntamento

da sola, senza il caldo di me

o almeno il mio ricordo, sii

luce, non disabitata trasparenza …

La cosa e la sua anima? O la mia e la sua sofferenza?


 

 


Nessun commento:

Posta un commento