Così, a base di rubriche
telefoniche, siamo arrivati alle pagine bianche, l’ossessione suprema di
chiunque scriva, anzi vorrebbe scrivere.
All’inizio del 2008,
all’incirca un anno e mezzo dopo essere diventato, grazie al mio primo romanzo,
il nuovo beniamino delle lettere americane, fui colpito da un terribile blocco
dello scrittore, una sindrome che sembra piuttosto diffusa tra gli autori baciati
da un successo istantaneo e clamoroso, scrive Joel Dicker nelle pagine
iniziali de La verità sul caso Harry Quebert.
Oggi Dicker sta in testa alle
classifiche e non pare proprio soffrire della sindrome delle pagine bianche,
che deve necessariamente affliggere lo scrittore, anche se certo Simenon o
Camilleri certo non paiono averne sofferto, per non parlare di Maurizio De
Giovanni.
Sulla base di queste riflessioni
nasce dunque Telefonica, la rubrica delle pagine bianche, un esercizio
ozioso per riempire pagine bianche anche quando non si ha nulla da dire.
Volti alla ricerca
di piccoli onori,
autori minori
vergano furori
su pagine sudate.
Accogliamoli,
coccoliamoli,
consoliamoli.
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