I GERANI (CENTRO STORICO)
Il mare tra un vicolo e l’altro
rimanda
profumo d’azzurro.
Voci
d’ambra di giovani donne
ridono.
Il
ricordo riporta tua madre al balcone
che
annaffia gerani.
NOSTALGIA PIETRE E SOGNO (PIAZZALE ACCANTO AL TRIBUNALE)
“Io sono ancora giovane, inesperto
il
cuore pronto a tutte le follie”
(Camillo Sbarbaro)
Nostalgia
pietre e sogno
nel
fango del parcheggio brutto
io
e te
per
consolarci
parliamo
la lingua perduta di quel muricciolo
dove
sbadatamente
appoggiammo
i vent’anni
per
non ritrovarli mai più.
Quel
bosco, oro e ruggine
e
viuzze strette di caligine invernale
noi
due ragazzi
col
cuore pronto a tutte le follie.
Il
paradiso perduto per colpa nostra
perché
siamo stati saggi.
Ora
nulla torna, se non in sogno.
Foto di Willy Ronis
POESIA INEDITA DI DORIS BELLOMUSTO
POESIA EDITA DA “MAI PIÙ LIEVE” DI LAURA PIERDICCHI
Era
il millenovecento…
non
ricordo più
Un
inverno con neve.
Il
canto di spalatori felici
di
guadagnarsi un giorno
e
neve ancora un altro giorno.
Il
vino assicurato.
La
guerra finita…
Non
da tanto.
Con
scarpe grezze e calzettoni
(le
cosce nude gelate
ginocchia
di un bel viola scuro)
un
cappottino e solo occhi allegri
andavamo
cinguettando l’infanzia
noi
figli del silenzio
(ignoto
il frastuono di allarmi).
Andavamo con la luce in tasca.
POESIA INEDITA DI LUCIA TRIOLO
MARCHESANA
Andar per cespugli
di basilico
e selvaggia
nepitella
a ritrovar
gli odori e la
campagna,
firmamenti
stellati
e vaga inebriante
essenza
come di gioventù,
come esultanza.
Chi appare questa notte
tra i tuoi gelsi,
dove abitano
gelosi
gli spiriti degli
avi e dei tuoi
immensi
amanti?
Di nuovo e sempre torno a te
carica d'anni
adesso
e di fatica.
Senza sorrisi veri
e senza
gioia.
Ma tu
m'attrai nella
memoria,
e lì
m'inchiodi.
Il nostro Principe Azzurro
appartiene a
un'altra età
e in te, in
me,
la Bella
Addormentata
di promesse piena
e di sfolgorante
audacia,
sogna Angelina, il
forno, il pane caldo
e...
dorme ancora.
DUE POESIE EDITE TRATTE DA “L’OCCHIO VERDE DEI PRATI”
FARA ED. 2023 DI DONATELLA NARDIN
A cinque anni
C’era un lavorio continuo
intorno, come un palpitare
imperfetto di rondini
nell’affezione.
C’era la madre in cucina
intenta a sminuzzare
con un coltello affilato
le lacrime blu scese
copiose
sul pavimento.
C’era il padre che, nulla
potendo, cacciava stremato
dai campi le lune pallide,
storte.
E poi c’era lei - in folate
leggere oltre dicembre -
intenta a tenersi stretta
alla forza innocente che,
caparbia, governa le
creature
ferite, non così tanto però
da impedire all’ombra
incombente di scavare
una crepa nel suo fervore
bambino.
Inermità
Chi può affermare che non
fossero
grida - o piccoli indizi
senza memoria -
i suoi ripetuti silenzi?
Non è al sicuro la bimba
ferma
all’allora, alle parole
sprigionate dalla perfidia
delle cose.
Migrata in te come un astro
oscuro nel corpo,
è quell’arsura annodata
alla gola
colma di reticenze e
pudori.
E non bastò, non bastò la
madre
che, ardendo nel soffio,
tentò di eradicare paure e
tremori
dall’inermità.
POESIA INEDITA DI VALERIO DENARDO
VENTOTTO SETTEMBRE (parole e musica)
(28
settembre 1991)
quando conquistai
la stazione eretta.
Non c'era
questa confusione,
questo sovrapporsi
di suoni e di livelli
di strati e sensazioni.
C'era - ricordo -
un sogno pietoso,
guardavo l'orizzonte
e sopra di me
il cielo stellato.
La legge morale
l'ho inventata
per non sentirmi
solo. Il bene
ed il male per fare
come i burattini
a teatro.
Le processioni
e la pubblicità
del giorno.
Prima che ritorni
l'ora del sole.
POESIA EDITA TRATTA DA "ORIGINI" (ARCOLAIO, 2017)
DI DOMENICO CIPRIANO
La memoria è un cuscino ardente
su cui non si riposa il corpo. Né la mente
sancisce patti di resa
davanti a nuovi accadimenti.
C’è un giorno da cui non possiamo separarci.
Così
fremiti angoscianti seguono ancora e altrove
˗ in altra veste ˗
raschiando la grazia celestiale
da questo grumo sedimentato del cosmo.
Ed eravamo astri lucenti senza voce
a riprenderci la vita, le carezze per chi sarebbe venuto
POESIA EDITA TRATTA DALLA SILLOGE
“OPERA INCERTA” - L’ARCOLAIO
2020, PP. 60-61
DI ANNA
MARIA CURCI
Come un giardino pensile a Babele
Come un
giardino pensile a Babele
il tuo sorriso mi è venuto incontro
Ho
percorso il lungo corridoio,
l’oro e il cobalto della porta di Ištar
affiancavano muti il mio cammino.
Rispondevo a un richiamo e proseguivo
senza aspettare meta o ricompensa.
Come si
era svelato quel richiamo?
Per due notti era apparso e al principio
fiato greve e opprimente
fischio poi ripetuto e insistente.
La terza notte aria muoveva e foglie.
Così ci
ritrovammo ancora
là dove il ricordo ha fissa l’ora
delle nostre chiacchiere bislacche.
Nelle tue fini chicchere spaiate per te
e per me, eterno bianconiglio, solo caffè.
Di che
cosa parlammo? Non ricordo.
Due lune e un dolore sordo
di urla represse e di rimpianti
hai cancellato. Fretta, astio, silenzi
non sono più, eppure erano tanti.
Come un
giardino pensile a Babele
il tuo sorriso mi è venuto incontro.
POESIA INEDITA DI LUCIA LO BIANCO
Nata tra petali di polvere di pelle
(Dedicato ad Aya, la neonata sopravvissuta
ai genitori nel terremoto in Siria del 10
febbraio 2023)
Ho visto polvere e braci sottoterra
in fondo al mondo buio come la pece
mentre dormivo legata a quelle carni
che han dato luce a voragini assassine.
Ho visto volti spenti nella notte
ed io bambina solo goccia nell'abisso
tra le macerie crollate sui capelli
sfumati e grigi come cenere d'inverno.
Su questa terra teatro di dolore
ho scelto ignara d'abbracciare la mia vita
come una stella che nomade su in cielo
poco conosce destino e direzione.
Gira e rigira lo sguardo mentre cerca
un volto amico, una lacrima, un sorriso
tra fiochi fasci di sole tra i crepacci
che si dileguano in calce liquefatta.
Solo un cordone mi lega a questi luoghi,
a queste zolle d'argilla primitiva,
vorrei disciogliermi lenta tra le acque
che sotterranee scorrono in silenzio.
Nata tra petali di polvere di pelle
sfoglio le pagine in attesa di risvegli
forse radure di briciole di vento
sapran condurmi a un cerchio di salvezza.
POESIA EDITA DI LUCIA LO BIANCO TRATTA DALLA SILLOGE
“SONO UNA BARCA”, 2021, CARTA E PENNA EDITORE -TORINO
QUEI GIORNI DI AUSCHWITZ
Camminavamo nude
senza il mantello dell’imperatore,
leggere a rincorrere quel vento
solo compagno nel buio dei pensieri.
Ed era il gelo dell’inverno a coprire
quegli sguardi, l’indagine crudele,
un esame, una lama netta sul destino.
Ancora adesso ho memoria di quel volto
come un coltello dritto fino al cuore
e mi salvava il libero pensiero,
unico dono che ancora mi appartiene.
Un freddo inverno, un muro, un taglio netto
ed ogni cosa cambiava in un secondo;
un taglio netto, un’accetta che calava
e nuovi corpi sfrecciavano in un cerchio.
Ancora adesso mi appaiono quei volti,
smorfie distorte di vecchia umanità.
Spesso ricordo le pieghe della pelle
tirata a forza su ossa ormai consunte.
Cosa rimane oggi di quei giorni?
Una vetrina, un cumulo di scarpe.
Forse camminano libere nei cieli
regno accogliente di anime disfatte.
POESIA EDITA DI ANGELA CACCIA
tratta da "PICCOLI FORSE" Ed. LIETOCOLLE - voce di Rodolfo Lettore
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