mercoledì 21 maggio 2025

ANGOLO DI (RI)SCATTO: Naufragi - a cura di Angela Caccia

Ci sono dolori che vanno gestiti con lentezza, quasi accarezzandoli mentre si cerca di ospitarli pezzo a pezzo nella coscienza. Si manifestassero subito e appieno, lascerebbero dettagli a dir poco sanguinanti. Somigliano a una macchia minuscola che nel tempo si stempera e dilatandosi si evidenzia.

 Inutile contenerli nella fase acuta.

Più che retti, andrebbero elusi: la distanza all'inizio deve essere netta e decisa.

 Ma ciò che resta sospeso è sempre insidioso: Se vi sono orrori, allora sono i nostri orrori, se vi sono abissi, allora quegli abissi ci appartengono, se vi sono pericoli, allora dobbiamo cercare di amarli (Rainer Maria Rilke). Giorno dopo giorno, il sospeso cambia e si adatta, a volte sembra di leggere il circostante “solo attraverso” e, se lo dimentichi, quel momento affrancato nasce con l’usta dell’animale ferito

Ho impiegato un anno a scrivere questi versi. Un anno fa ho incontrato il mio “compagno silenzioso e fido". A un anno esatto dal naufragio, ci siamo abbracciati, insieme abbiamo pianto: lui si è accucciato, io ho iniziato a guardarlo da lontano.

  

La parola

quella vera

si rifiutò di raccontare la mattanza

finanche il mare che divorò incubi

sogni

e la barchetta di carta

preferì dipingerla la morte

di turchese

e chiese ai cormorani

di costruire una cattedrale fluida

maestosa

sul tortuoso labirinto marino.

Ditelo domani alla gente comune

che dai resti di un naufragio

e cento morti

il mondo eresse monumenti all’accoglienza

flagrò in commosse celebrazioni

ma solo al largo

nei cerchi d’acqua più cristallina

risuona ancora il grido annegato

 

 


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