Se esistono i numeri primi, numeri naturali maggiori di uno
e divisibili solo per se stessi, esisteranno anche le parole prime, parole
ricevute in dono e destinate ad annidarsi nella doppia elica del nostro DNA che
lo si voglia o no.
Specchio è radice e germoglio della percezione che ho di me. Mi è sempre piaciuto guardarmi negli specchi, anche quando, senza pietà, mi mostrano i segni del tempo e i graffi ricevuti dalla vita.
Guardarmi allo specchio non significa conoscermi e questo lo so. Mi piace pensare che assomiglio al sorriso che affiora istintivamente alla mia bocca quando mi concedo vanità e leggerezza. Mi piace pensare che ogni giorno la tenerezza e la poesia che abitano il mio mondo mi ringiovaniscano il cuore.
Quando pranzavo nella sala dei nonni, seduta al tavolo, di
fronte a un lungo specchio, inginocchiata su una sedia scomoda, guardavo me
nello specchio e mi chiedevo
a chi volessi somigliare. Ero Raffaella Carrà più volte al
giorno, ma poi mi accontentavo
di somigliare alla mia maestra di danza. Masticavo sogni
futili insieme alla minestra e bevevo a grandi sorsi un'allegria remota,
primitiva, che a volte torna con la stessa irragionevole, illogica, infantile
prepotenza.
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