sabato 21 giugno 2025

POESIA DELLO SGUARDO, LA GRAMMATURA DEI SOGNI: Sogno e poesia l’infinita ombra del vero - a cura di Giancarlo Stoccoro

 

Fin dai tempi molto antichi i sogni sono stati materia di conoscenza, occasione di rivelazioni. Anticamente però non si credeva che l’uomo avanzasse solo per il mondo, separato da tutto. Nella Bibbia appaiono alcuni sogni profetici, in cui si rivela il futuro; ce ne sono altri in cui il presente acquista pienezza di senso: sono sogni “ispirati”, come era ispirata ogni conoscenza. (…) Ogni sapere è rivelazione.

Zambrano


La letteratura del resto, non è che un sogno guidato.

Borges

 

Molti di noi preferirebbero essere visti come pensatori determinati che come sognatori indecisi.

Hustvedt

                                                                                                                                               

 Poche esperienze come quella del sogno uniscono gli esseri umani e ne testimoniano la sostanziale uguaglianza, continuamente negata nella vita a occhi aperti.

Il nostro <<cinema interno>> (Italo Calvino) ha, fin dall’antichità, rivestito un ruolo determinante nel formare un’identità sia individuale che collettiva e ha improntato la lingua magica del mito.

Se i filosofi, seguiti a ruota dagli scienziati, hanno voltato presto le spalle all’infanzia dell’umanità, poeti e sognatori non hanno mai smesso di ricordarci quanto sia necessario rimanere in contatto con i moti dell’anima, abbandonando, seppur temporaneamente, l’orizzonte razionale che dà un’immagine riflessa della realtà.  Come facciamo a sapere quello che pensiamo se non vediamo quello che diciamo? Per i greci i sogni non venivano fatti ma visti e raccontati come si racconta uno spettacolo al quale si è assistito. Ci vorrebbero parole dotate di movimento per condividere gli stessi pensieri ed emozioni sperimentati durante il sogno.

Come ricorda Kleist <<la parola non è una catena con una zeppa nella ruota dello spirito, ma come una seconda ruota che le corre parallela sullo stesso asse>>. E più oltre aggiunge, nel suo mirabile saggio: <<Poiché non siamo noi a sapere, ma è in primo luogo una certa nostra condizione>>.

I poeti sanno bene che i sogni sono l’unico lasciapassare per giungere a un <<paese innocente>> (Ungaretti), un luogo dove le cose sono offerte senza venire da subito tradite. Per dirla con Borges, bisognerebbe semplicemente comunicare qual è il sogno, per quanto confuso e offuscato, senza cercare di abbellirlo o di capirlo.

Sarà lo stesso Freud a ricordare l’importanza di accecarsi artificialmente per mettersi in una posizione creativa ed essere disponibili alla scoperta di quanto non è ancora accessibile alla nostra comprensione.

Con la scoperta dell’inconscio, all’inizio del Novecento, i poeti diventano <<sublimizzatori di professione>> (Saba), gli unici, forse, capaci di trasformare le fredde e ripugnanti fantasie di tutti in opere d’arte. Il padre della psicoanalisi paragonò, infatti, il processo artistico con quello dell’elaborazione onirica e utilizzò lo stesso modello: <<Una forte impressione attuale risveglia (…) il ricordo di un’esperienza anteriore per lo più risalente all’infanzia e da questo deriva ora il desiderio, che si crea il proprio appagamento nell’opera poetica; nella stessa opera poetica si rivelano elementi tanto del fatto recente che ha fornito lo spunto quanto l’antico ricordo>>.

Sostituite dall’invenzione del cinema (nei confronti del quale Freud fu molto scettico, al punto da liquidare la settima arte come un <<passatempo senza storia>>), fratello gemello de L’interpretazione dei sogni, le immagini oniriche sono state sottratte al mondo per essere custodite gelosamente nella stanza d’analisi. Considerate un fenomeno prettamente egocentrico, indifferente alle analogie e somiglianze facilmente riscontrabili nei viaggi notturni della collettività, esse vengono decifrate sotto la lente d’ingrandimento dell’interpretazione psicoanalitica.

L’inconscio freudiano, bonificato e restituito all’orizzonte razionale dell’Io, accontenta forse il sognatore in terapia, non certo il poeta che riconosce la necessità di restituire alle parole la loro ombra (Paul Celan), alla poesia il compito di divenire <<un’avventura mentale>> (Brodskij), che accompagna il lettore più lontano di qualsiasi riflessione intellettuale.

Ancora oggi si può leggere: <<Durante il sonno le funzioni vegetative sono adattate alla condizione del dormire. Rimane un barlume di memoria e coscienza, che si manifesta nei sogni>> (Benini).

Il recensore dell’articolo di neuroscienze finisce col dire che dell’attività del sonno si sa poco e che il significato del ritmo circadiano veglia/sonno è oscuro.

La poesia non se la cava meglio, trattandosi di un <<godimento pieno di puzze segrete infantili>> (Cavazzoni), ogni << poesia trasuda impurità e perversione>>.  Qui lo sguardo è rivolto al Pascoli, ma forse tutti i poeti non sono che <<brutte creature>> (come canta Francesco De Gregori ne Le storie di ieri), tutt’altro che eterni fanciulli dall’ingenuo sentire.

Questa operazione di sottrazione, che tende a “scoperchiare” l’inconscio individuale, polarizzandosi sulla personale biografia (le biografie dei poeti sono tutte uguali ma ciò che contraddistingue ciascuno è il canto, ammoniva Brodskij) sembra non portare molto lontano: resta l’immagine di un uomo che cammina da solo per la strada con le proprie miserie, separato da tutto (The road, film di Hillcoat, dall’omonimo romanzo di Mc Carthy).

Da un altro vertice osservativo, ripreso dal junghiano James Hillman e dal freudiano Wilfred Bion, possiamo ricordare l’esortazione del poeta romantico Keats: <<Chiamate, vi prego, il mondo “la valle del fare anima”. Allora scoprirete a cosa serve il mondo>>, come occasione unica e irripetibile offerta dalla vita per maturare la nostra anima attraverso le sue imperfezioni.

Ciò diventa comprensibile solo si riconosce che nei sogni e nelle poesie è presente e continua a vivere l’infanzia non del singolo ma dell’umanità, <<nostalgia di un tempo anteriore a ogni tempo vissuto>> (Zambrano). Il linguaggio poetico è la lingua materna dell’uomo e il sogno l’immagine prima dell’uomo, ricordava già Novalis.

Si può qui appena accennare al lavoro di Bion che riprende tali concetti e in particolare quello di <<capacità negativa>> (preconizzata proprio da Keats che si riferiva alla capacità di stare nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio, senza l’impazienza di correre dietro ai fatti e alla ragione) e riformula quello di <<rêverie>> (abbandono del flusso ad occhi aperti, magicamente descritto da Bachelard), arrivando a rivoluzionare il lavoro psicoanalitico e concorrendo allo sviluppo di un nuovo approccio sulla funzione del pensiero e il sogno come il  “Social Dreaming” di Gordon Lawrence.

La <<rêverie>> diventa la capacità materna di prestare la propria mente al bambino e rimanda da un lato a una dimensione antropologica universale, dall’altro a una forma propria di esperienza strettamente connessa al “fare poesia”. 

Ogni pensiero inizia con essa, ogni parola nuova ci raggiunge prima dei concetti ai quali è associata.

Il lavoro dei poeti e quello attuale con i sogni (laddove si segua il modello bioniano di onirizzazione del lavoro analitico) e non più sui sogni, di freudiana e kleiniana memoria (basato strettamente sul lavoro di interpretazione del materiale onirico portato dall’analizzando) sembra trovare molte consonanze.

 

 

 


Riferimenti bibliografici

 

Bachelard G., La poetica della rêverie, Dedalo, Bari, 2015.

Benini A., E’ ora di andare a dormire, Il Sole 24 ore, domenica 25 novembre 2018.

Binswanger L., Sogno ed esistenza, SE, Milano, 1993.

Bion W.R., A theory of Thinking, The International Journal of Psychonalisis 43, 1962.

Borges  J., L’invenzione della poesia, Mondadori, Milano, 2001.

Brodskij I., Conversazioni, Adelphi, Milano, 2015.

Cavazzoni E., Il fratello segreto di Pascoli, Il Sole 24 ore, domenica 11 novembre 2018.

Ciampalini A., Stoccoro G., Prime considerazioni sull’ES nella poesia, in: Stoccoro G. (a cura di), Pierino Porcospino e l’analista selvaggio, ADV Publishing House, Lugano, 2016.

Emerson R. W., Essere poeta, Moretti e Vitali, Bergamo, 2005.

Freud S., Il poeta e la fantasia, in: Opere, vol.5, Bollati Boringhieri, Torino, 1972.

Groddeck G., Il libro dell’Es, Adelphi, Milano, 1966.

Groddeck G., Conferenze su Pierino Porcospino, in: Stoccoro G. (a cura di), Pierino Porcospino e l’analista selvaggio, ADV Publishing House, Lugano, 2016.

Guidorizzi G., Il compagno dell’anima. I Greci e il sogno, Cortina, Milano, 2013.

Hillman J., L’anima dei luoghi. Conversazioni con Carlo Truppi, Rizzoli, Milano, 2004.

Hustvedt S., Le illusioni della certezza, Einaudi, Torino, 2018.

Keats J., Lettere sulla poesia, Mondadori, Milano, 2005.

Kleist H., Sulla graduale produzione dei pensieri durante il discorso, in: Favole senza morale.   Aneddoti e scritti brevi, Mondadori, Milano, 1996.

Lawrence W.G., Social Dreaming. La funzione sociale del sogno, Borla, Roma, 2001.

Saba U., Lettere sulla psicoanalisi, SE, Milano, 1991.

Steiner G., La poesia del pensiero, Garzanti, Milano, 2012.

Stoccoro G., Occhi del sogno, Fioriti, Roma, 2012.

Stoccoro G. (a cura di),  Poeti e prosatori alla corte dell’ES, AnimaMundi, Otranto, 2017.

Tarkovskij A., Scolpire il tempo, Ubulibri, 1988.

Zambrano M., Verso un sapere dell’anima, Cortina, Milano, 1996.

 

 

 

 


Nessun commento:

Posta un commento