sabato 21 giugno 2025

MARGINI FERTILI: Ecologie dell’ascolto. Per una politica sensibile del silenzio - a cura di Vittorio Politano

 

📌 Abstract introduttivo 

In un’epoca dominata dall’eccesso di stimoli, parole e rumore, il silenzio si presenta come un margine fertile, uno spazio di rigenerazione critica. Lontano dall’essere un vuoto passivo, il silenzio si configura oggi come ascolto attivo, gesto politico, atto estetico. Questo articolo esplora la dimensione culturale e filosofica del silenzio attraverso le lenti dell’arte, dell’ecologia e della teoria critica contemporanea, proponendolo come chiave di accesso a una nuova ecologia della relazione e della presenza.

Ecologie dell’ascolto. Per una politica sensibile del silenzio

Nel tempo presente, dove la velocità informativa domina ogni interstizio del quotidiano, abitare il silenzio è diventato un atto radicale. Non semplice ritiro, non mutismo passivo, ma pratica viva di ascolto e relazione. Il silenzio, oggi, è un territorio liminare: un margine fertile dove la parola trova il tempo di maturare, e il pensiero la possibilità di fiorire.

La nostra società – saturata da voci, opinioni, dichiarazioni – sembra aver smarrito la capacità di sostare nel non detto. Ma proprio in questa crisi comunicativa, il silenzio si propone come uno strumento trasformativo, come una postura che ci riavvicina all'essenziale. È un atto estetico e politico, al tempo stesso.

Silenzio come estetica del margine

Nel mondo dell’arte contemporanea, il silenzio si manifesta come tensione viva tra presenza e assenza. L’opera tace, ma nel suo tacere genera senso. Pensiamo ai tagli del vuoto in Lucio Fontana, ai video-muri silenziosi di Bill Viola, o alle installazioni di Christian Boltanski, dove le ombre parlano più delle voci. Il silenzio, qui, è ciò che lascia spazio all'altro — che lo convoca senza possederlo.

Persino la poesia, che si fonda sulla parola, ha fatto del silenzio la sua controparte necessaria: è il bianco tra i versi, la pausa tra le immagini, la sospensione che consente al senso di vibrare. Come i poeti calabresi che parlano attraverso l’eco di ciò che è stato taciuto, nella parola che arriva dopo il lutto, il distacco, la visione.

Una teologia del vuoto

Nel silenzio si aprono anche interrogativi teologici e filosofici. Che cosa resta quando il linguaggio finisce? Nella mistica – da Meister Eckhart a Simone Weil – il silenzio è il luogo dove l’uomo incontra il divino non come presenza affermata, ma come abisso. È il tremendum che non si può nominare. Il Dio che tace – come nella Croce, o nella preghiera non esaudita – non è assente, ma presente in altra forma: in ascolto.

Questo silenzio non è il nulla, ma un grembo che accoglie, un confine tra l’essere e l’oltre, dove la parola si rinnova perché ha conosciuto la sua fine.

Silenzio come gesto politico

Nel pensiero critico contemporaneo, da Judith Butler a Adriana Cavarero, il silenzio assume anche una valenza politica: è gesto di sottrazione al linguaggio violento, è spazio per le voci negate. È la possibilità di dire “no” senza gridare, di opporsi non con il clamore, ma con l’ascolto. Una disobbedienza gentile ma radicale, che apre crepe nel linguaggio dominante.

Anche l’ecologia profonda riscopre il valore del silenzio: non per separare, ma per connettere. Perché solo chi sa tacere può davvero ascoltare i suoni della foresta, i ritmi della pioggia, il linguaggio non umano del vivente. In questo senso, il silenzio è cura, è tempo dato all’altro – umano o non umano – per emergere nella sua alterità.


Una pratica per il presente

In un mondo che ci spinge all’accelerazione, alla visibilità continua, alla risposta immediata, il silenzio ci invita a fermarsi e fare spazio. Non è rinuncia, ma scelta attiva. È un modo di abitare il limite come luogo di visione e generazione.

Abitare i margini, oggi, vuol dire anche imparare a tacere. E nel tacere, lasciare che qualcosa cresca.
Perché – come insegnano le stagioni, come sanno i campi lasciati a riposo – è proprio nel bordo del rumore, là dove tutto sembra fermarsi, che può germogliare la linfa più vitale.

📚 Bibliografia essenziale (selezionata e trasversale)

  • Byung-Chul Han, Il profumo del tempo. Un saggio filosofico sulla vita digitale, Nottetempo, 2012
    → Per riflettere sul silenzio come antidoto alla temporalità accelerata della società contemporanea.
  • Judith Butler, Vite precarie. I poteri del lutto e della violenza, Laterza, 2004
    → Per esplorare il valore politico delle voci marginali e delle assenze significative.
  • Adriana Cavarero, A più voci. Filosofia dell’espressione vocale, Feltrinelli, 2003
    → Un’indagine filosofica sulla voce, il dire e il tacere.
  • Simone Weil, Attesa di Dio, Adelphi, 1984
    → Per un approfondimento spirituale e mistico sul silenzio come condizione del contatto con l’assoluto.
  • David Le Breton, Elogio del silenzio, Raffaello Cortina, 2008
    → Un saggio antropologico e poetico sul silenzio come forma di relazione e linguaggio.
  • John Cage, Silence: Lectures and Writings, Wesleyan University Press, 1961
    → Un classico del pensiero artistico e musicale sul valore creativo del silenzio.

 

🖼 Scheda Opera

Titolo: Figura nel paesaggio silente, custode della profondità
Autore: Vittorio Politano
Anno: 2025
Tecnica: Immagine digitale
Dimensioni: 60 x 90 cm


📖 Descrizione critica

L’opera rappresenta una figura solitaria colta di spalle, sospesa in un paesaggio evocativo, tra luce e ombra. Il tratto pittorico denso e la tavolozza terrosa e atmosferica evocano una scena di contemplazione profonda.

La figura — anonima e archetipica — non cammina né si arresta, ma sosta. Osserva, ascolta. È custode di un margine fertile, uno spazio di passaggio dove l’interiorità incontra il paesaggio.

La composizione si ispira alle estetiche simboliste e romantiche, ma rielaborate in chiave contemporanea, facendo uso delle potenzialità dell’intelligenza artificiale per evocare non tanto una realtà, quanto una condizione dell’anima.

Quest’opera visiva è nata per accompagnare la rubrica “Margini fertili” come emblema dell’abitare il limite non come confine, ma come luogo generativo di pensiero, di ascolto e di silenziosa rigenerazione.


In Figura nel paesaggio silente, custode della profondità, Vittorio Politano realizza un’opera pittorica di intensa forza evocativa, capace di restituire in forma visiva l’anima stessa della rubrica Margini fertili. La composizione, realizzata con pennellate materiche e una tavolozza di toni sommessi e stratificati, è una dichiarazione poetica sull’essere nel limite, sull’abitare il confine come zona generativa.

 

Il paesaggio come soglia

La figura solitaria, ritratta di spalle, immersa in un paesaggio che si dissolve tra cielo e alberi, non è un protagonista, ma un custode. Non agisce, non parla: osserva. E proprio in questo suo gesto sospeso si manifesta il senso profondo dell’opera. Siamo dinanzi a una scena che non rappresenta il mondo, ma lo interroga. Il paesaggio non è sfondo, ma soglia: un luogo liminale dove luce e ombra, visibile e invisibile, si incontrano.

 

Il cielo velato, percorso da vibrazioni dorate e azzurre, non è sereno né tempestoso. È tempo interiore, è kairos: l’attimo in cui il pensiero si apre, in cui il frammento si fa cosmo.

 

La figura come simbolo del lettore contemporaneo

La postura della figura – mani in tasca, passo fermo, schiena eretta – rimanda a un pellegrinaggio senza meta. Non cerca risposte, ma ascolta. È un corpo-ponte tra interno ed esterno, tra il sentiero che sfuma e il mistero che attende. È l’incarnazione del lettore di “Margini fertili”: un soggetto che non fugge, ma che si espone, che sosta nel silenzio, che interroga il bordo come luogo di germinazione.

 

La scelta cromatica, giocata su toni terrosi, verde muschio, blu profondi e tocchi d’oro, contribuisce a creare un’atmosfera rarefatta, quasi contemplativa. Si percepisce una forte parentela estetica con il simbolismo nordico e l’eredità del romanticismo più metafisico, rielaborata in chiave contemporanea.

 

Conclusione

L’immagine non illustra un concetto: lo incarna. È un’opera che accompagna silenziosamente la parola critica, aprendo uno spazio ulteriore per lo sguardo e la riflessione. In tempi dominati dalla fretta e dalla visibilità urlata, Figura nel paesaggio silente ci ricorda il valore dell’attesa, della profondità e della distanza.

 

Politano firma un’immagine-pensiero, capace di comunicare senza spiegare, di toccare senza afferrare. Un invito a restare sul bordo – là dove qualcosa sempre inizia.






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