Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre. James Matthew Barrie
Giulia
Giulia era fatta così, tendeva ad
avere tutto sotto controllo anche nella confusione più grande e nelle
molteplici attività in cui era impegnata dove ogni spazio della giornata era
precisamente programmato. Oggi, invece, aveva una sensazione diversa, un
disperato bisogno di recuperare il silenzio, voleva allontanarsi da tutta la
frenesia che la circondava e aveva bisogno di ritrovare sé stessa.
Non era la prima volta che
accadeva, a volte decideva di andare via o semplicemente di rifugiarsi per
qualche ora dove nessuno l’avrebbe immaginata. Generalmente lo faceva nello slot
libero da impegni, adesso si usava questo termine nel tempo scandito
e irrefrenabile in cui viveva, si comportava da mamma perfetta, prendeva l’auto
accompagnava i suoi figli districandosi tra le tante attività dentro cui li
aveva inglobati, e solo dopo fuggiva. In qualsiasi parte della città si trovasse,
prendeva sempre la strada che più velocemente l’avrebbe portata verso il mare.
Le piaceva percorrere lo stradone
grande e poi su verso il tragitto sinuoso che amava accarezzare con gli occhi,
fino ad arrivare al promontorio più estremo dove si trovava il faro che da
sempre dominava la costa.
A volte non scendeva neanche
dall’auto, le bastava essere lì da sola ad ascoltare i suoi pensieri.
Altre volte, soprattutto quando
le giornate erano luminose e calde, scendeva dall’auto e passeggiava nell’erba
alta fino alla recinzione che intimava ALT. ZONA INVALICABILE
Si era sempre chiesta come
sarebbe stato se avesse disobbedito all’alt e si fosse immersa nella fitta
vegetazione aldilà della catenella e del divieto di accesso per intrufolarsi
nello spazio antistante al faro ma ogni volta decideva di lasciare perdere.
Inevitabilmente, quando si
trovava lì, la mente andava alle domeniche con i suoi genitori quando suo padre
li obbligava a mettersi in posa: lei, la sorella e sua madre, per immortalare il
momento. Ricordava qualche foto nei vecchi album di famiglia in cui tra i
colori oramai sbiaditi del mare e del faro spiccavano il suo sorriso e quello
di sua sorella che stridevano con gli occhi stanchi della madre.
Era da un po' di tempo che non
andava al faro ed avvertiva una sensazione strana, come di fluido abbandono ma
anche di colpevole frenesia per essersi concessa del tempo con tutto quello che
aveva ancora da fare.
Ma oramai era inutile tornare indietro, le
conveniva arrivare al promontorio, era quasi arrivata.
La radio continuava ad inseguire
i suoi stati d’animo, o viceversa, e si era trovata ad alzare il volume e
canticchiare con Brunori “la verità è che ti fa paura l’idea di scomparire”
e si sentiva assolutamente sulla stessa lunghezza d’onda. Ci pensava, a volte,
alla sua scomparsa, al suo non essere più ricordata e non aver fatto abbastanza
in quel mondo che avrebbe lasciato ai suoi figli, ai figli dei suoi figli, e così
via.
In questo ultimo anno le era
accaduto spesso di fare i conti con la sua vita e, soprattutto, con sé stessa
realizzando che il tempo che le stava davanti andava a diminuire rispetto a
quello già trascorso.
Da quando aveva compiuto 50 anni aveva
cominciato a pensarsi con una data di scadenza. Aveva due opzioni: o lasciarsi
prendere dallo sconforto dell’inattaccabile verità degli anni che passano
oppure di decidere una volta per tutte di vivere in maniera più intensa tutto
il tempo a venire.
Nel frattempo, era arrivata davanti
al cartello di divieto e aveva spento il motore. Mancava poco meno di un’ora al
prossimo impegno dei figli e forse, per una volta, avrebbe potuto fare a meno
di pensare alla recinzione e scavalcare la piccola catenella a cui era
attaccato il divieto che da anni la bloccava.
In fondo era arrivato il momento
di vivere più intensamente la sua vita.
Nessun commento:
Posta un commento