lunedì 25 settembre 2023

UN LIBRO IN TRE PAROLE - Cipriano Gentilino

 


RISACCHE - Terra degli ulivi Editore - 2023

Gioco - Appartenenza - Inquietudine  

Scrivere di una propria silloge di poesie è per me un esercizio di ricerca di un percorso  nuovo  rispetto al semplice tornare indietro a ritroso.

Ogni volta è come aprirsi a un nuovo discorso con il lettore, presentarsi e scoprirsi, ancora una volta, incauto.

Aiuta la scelta delle tre parole che non sono capisaldi volitivi ma liquida volatilità tra il bisogno di definire e la consapevolezza di una transitorietà legata a quel pudore che sale come nebbia dal mare a favorire un nascondimento. Ricorro quindi  all’aiuto delle tre parole per tentare di parlare della mia silloge Risacche con quanta  più sincera chiarezza mi è possibile.

Mi sono sempre detto che scrivo per gioco.

Un gioco bambino nello sguardo incantato degli ultimi cantastorie,  nella narrazione popolare che giunge da un tempo lontano e stimola l’immaginazione, così come il vedersi nella storia, esserne parte e infine farne incontro e gioco .

Un gioco ludico quindi, tanto immaginativo da potersi affidare alle storie e diventarne parte e interprete .

Cioè uno stare al gioco che in poesia diventa un affidarsi al giogo della parola e del silenzio in attesa dell’ispirazione.

E, in questa silloge, un mettersi in gioco oltre il pudore, un affidarsi alla propria risacca in un mare che parla con onde sempre più caotiche e imprevedibili .

 

Calati giunco

 

Flesso

giunco riflesso

a sentire a terra

passi,

tu che passi

pieno riflesso

di me flesso

cheflettersi

è gioco a Bisanzio.

 

L’appartenenza è un tema che, pur non essendo esplicitamente dichiarato, attraversa trasversalmente la silloge con il mosaico delle mie appartenenze esistenziali e con quello conseguente delle disappartenenze in un dinamico reciproco autorizzarsi alla parola .

Non solo l’appartenenza a due terre e due culture quelle del sud e del nord ma anche a due dimensioni quella dei presupposti sani e quella dei miei pazienti psicotici ed infine a due visioni del reale quella scientifica e quella artistica.

 

 

Anima mia

 

Peripatetica tra ulivi e cicuta

appiccicata ai muri dei folli

e nei chiostri dei flagellanti

abusata da pie labbra giulive

nei petti freddi degli infami,

verso molle di amori disillusi

dispersa tra morti in guerra

e neppure un fior di loto

a farti animo.

 

 

Codice binario

 

Siamo geroglifici

sul quaderno a righe

storte dallumido

caduto alle palpebre

sul grembo incerto

senza madrasse,

candore tra tepori

di tagliole evanescenti

a caccia chiusa,

geroglifici ritagliati

senza sesso.

 

 

Disappartenenza

 

Parole lavate

disossate di senso

nelle sillabe dei silenzi

parlati sul limite sgretolato

dellimbarazzo

come istantanee

senza data

diluite nel riti

delle appartenenze mancate.

 

 

Il gioco e le appartenenze trovano il loro punto di crisi e quindi di riflessione del noi e del sé interni nella percezione di una inquietudine di un incompiuto che, socialmente, rasenta la malinconia del tempo non com-preso e, intimamente, la percezione del limite tra l’esserci e il non essere vissuto .

 

 

Inquietudine

Impronte

 

Avremmo dovuto essere folli

e lasciare le nostre impronte

sul confine trasgredito prima

di specchiarci muti nel caos,

parlarci sul bordo del lecito

di numeri e gessi a campana

irridere alla sconvenienza di

ricordi svelati alla clausura.

Avremmo dovuto essere più folli

e lasciare spudorati le impronte.

 

Inquietudine

 

In questo imbrunire

uninquietudine

di assenza antica,

scricchiolo di foglia

anonima,

si baratterebbe

per un nome

o solo una parola

adagiata sul fondo.


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