Angolo di (ri)scatto, utilizza un gioco di parole e una prospettiva:
focalizza l’istante e, poi, scova la voce di parole nascoste. È un atto di recupero, salvataggio, liberazione: è il riscatto dell'istante.
Un uomo di paese visita, si ambienta altrove, ma
il paese se lo porta dietro, dentro. Ha un santino del Patrono
nel portafogli.
Un uomo di paese, tra i tanti, ha il volto di Michele: mascella quadrata e viso corto, qualche capello -eroico reduce- sulla testa calva; occhietti dolcissimi e lenti come se, attratti da altre dimensioni, faticassero a calarsi nel contingente.
La risata grassa impegnava tutto il viso sino alle lacrime. Michele si lasciava travolgere dal comico, come a riequilibrare la tragicità del vivere, a recuperare frivolezza e la giusta dose di relatività. Erano i tempi dell’emigrazione, scontata come una pena. Ogni legame alla propria terra andava estirpato con violenza e senza opzioni. La si lasciava con rancore questa terra: non aveva saputo trattenere i figli suoi. Dopo, solo dopo, quand’era lontananza, si faceva anche nostalgia e ritornava amore e segno di appartenenza.
Era nato e vissuto orfano di padre, o meglio, figlio di madre vedova. Non era lo stato civile a etichettarlo, quanto una congenita solitudine da cui non si era mai affrancato. Dopo tanti anni, aveva imparato a camuffarla nella città da cui era stato adottato.
Ma, qualunque fosse, una notizia dal paese era il cucchiaino di miele rubato dal vasetto: mentre la ascoltava, anche lui svitava lento il tappo di un suo contenitore dov’erano affetti e nostalgie: radici. Evitava di condividerle quelle radici. E non per gelosia. Il suo era un atto di riguardo, una benevolenza verso chi non può capire perché non ha calpestato la sua terra, non ne conosce gli odori che la raccontano, le azzurrità uniformi di cielo e mare che a lui, soprattutto ora, sconfinavano dentro e lo riempivano e gli bastavano e non voleva un altro infinito che il suo paese.
Se ne andò in silenzio, dopo tanti anni di lavoro e 4 di coma. Varcò finalmente la soglia della morte nelle braccia di una notte fittissima. Giurerei che lo fece apposta, per lasciare a tutti noi, gente del suo paese, la consolazione dell’alba.
Qui da me
nel bene o nel male
il tempo attende
gli sguardi sono più lenti
i pensieri rallentati
è più facile qui
scivolare in un maggio qualunque e
scenari da vecchie cartoline: voli di
rondini suoni arancioni
lenzuola che animano un balcone
le statue a mezzogiorno che
vibrano sull’asfalto e pare
sudino anche loro.
Scritte e disegni osceni sui muri di cemento
come anime di un quartiere che
non vuol restare solo
… ma non è maggio
e altrove
un soleggiato pareggerà questa luce spenta
da stamattina poi
tra i fumi di caldaie indaffarate
s’intravede una pernice sui tetti
e fissa il vuoto
sarà nel
sud delle cose
mi dico
la tensione ad annusare l’abbandono
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