mercoledì 21 maggio 2025

PAROLE IN VIAGGIO: Letteratura e Poesia tra necessità e virtù - a cura di Lucia Lo Bianco

 

Quanto valore attribuiamo alla letteratura e alla scrittura come punto focale della nostra vita ma, soprattutto, che importanza assume il binomio necessità/virtù all’interno del pensiero critico e della filosofia estetica?

Naturalmente occorre partire da ciò che intendiamo per letteratura dato che tale termine diventa una categoria più ampia in grado di includere diversi generi e modalità di scrittura. Devo quindi precisare che tratterò la letteratura che include la scrittura poetica, quella del raccontare storie di finzione ma anche di realtà e più in generale quel tipo di letteratura che tratta l’area dell’immaginazione e si insinua nell’ambito della creatività. Cosa intendiamo quindi oggi per fare letteratura e più precisamente per scrivere?

Sentiamo spesso affermare che studiare letteratura non serve ai fini utilitaristici e in effetti il mondo dell’istruzione si è trasformato notevolmente negli ultimi anni subendo gli effetti dei tempi che cambiano e che guardano alla realtà educativa come un mercato o peggio ancora un’impresa. Studiare le grandi figure letterarie del passato non servirebbe quindi a nulla secondo i più moderni riformatori dato che non insegnerebbe né a vendere né a comprare nulla. Un’osservazione privilegiata del reale conferma di fatto questo pensiero. Chi si occupa d’arte non può certamente sopravvivere solo delle proprie creazioni ma deve necessariamente procurarsi forme di sussistenza alternative. I vantaggi del creare qualcosa di proprio però esistono e sono ciò che rendono necessario il fare letteratura.

Scrivere, sia esso in forma poetica, prosa o teatro, diventa quindi una necessità, un imperativo categorico che ci aiuta ad affrontare il reale. Se analizziamo e ripercorriamo la storia della scrittura ci rendiamo conto che un tale strumento è sempre stato carico di alti valori sin dall’antichità. Un breve excursus indietro nel tempo ci dimostrerà che scrivere per lasciare un’impronta di sé è indispensabile per l’umanità. I popoli primitivi sentono il bisogno di lasciare dei segni o degli ideogrammi all’interno delle grotte, sulla nuda pietra ed in seguito sui metalli. Comunicare è importante e grazie a queste tracce rimaste è stato possibile ricostruire un mondo di usanze, quotidianità ma anche di sentimenti ed emozioni. Con il passare dei secoli la scrittura cresce e si raffina per toccare sfere più ampie dell’attività umana, come la politica, l’organizzazione sociale, la religione e la cultura di un popolo. Migliora l’uso dei materiali, se pensiamo alle tavolette d’argilla, al papiro, alle pergamene, per giungere poi alle forme più raffinate quali la carta. Se ci riferiamo al medioevo e all’opera dei monaci amanuensi ci troviamo di fronte già ad un connubio tra scrittura ed arte. Gli amanuensi erano infatti coloro che, prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, avevano il  compito di copiare gli antichi testi a mano, mentre nell’antichità tale incarico era stato svolto dagli schiavi. Il lavoro di questi copisti, nell’apposito laboratorio detto scriptorium,  e sopra un foglio di pergamena, aveva come risultato meravigliose decorazioni grafiche. I manoscritti su pergamena, un’innovazione rispetto al precedente papiro, perché era più resistente e consentiva di incidere più volte su un foglio e da entrambi i lati, si arricchivano di raffinati disegni e intricate decorazioni delle lettere iniziali di un capitolo o paragrafo. Il punto di svolta fu segnato dall’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte del tedesco Johann Gutenberg: i testi scritti cominciarono a circolare più liberamente, pur se con costi elevati, e sarà necessario attendere il ‘900 perché la carta scritta diventi appannaggio di un numero sempre più elevato di classi sociali grazie anche all’innalzamento del livello di istruzione.

Se dunque la letteratura è inizialmente espressione artistica corporea e sentimentale, trasmessa in forma orale, è solo attraverso la scrittura che si stigmatizza in una forma fruibile a tanti. La storia dei generi letterari, poesia, teatro e narrativa ci mostra un’evoluzione che segue le mutazioni della società e viene incontro a diverse esigenze nel tempo. L’arte e la comunicazione letteraria hanno quindi assunto diverse valenze, vestendo i panni di uno strumento riservato a un gruppo limitato di gente, per colorarsi da vessillo civico e societario e incanalarsi infine nel tunnel dell’arte fine a sé stessa, isolandosi in tal modo dai gusti e dalle aspirazioni delle masse. Può l’arte essere lontana dalla gente comune? Oggi più che mai, in un mondo tormentato da guerre e violenze d’ogni genere l’arte deve avvicinarsi alla realtà d’ogni giorno. La scrittura letteraria deve indirizzarsi alla gente ed essere per la gente. È dunque indispensabile una nuova etica della parola, che unisca necessità e virtù.

 

LETTERATURA COME NECESSITA’

 

Cominciamo dalla poesia, genere letterario bistrattato, relegato ai margini degli eventi culturali dominanti, riservato ad una élite esclusiva di estimatori e considerato troppo difficile e lontano dalla vita di ogni giorno. Parecchi però scrivono poesia oggi e si cimentano in una forma d'arte che viene poi letta poco. Molti sono coloro che in qualche momento della loro vita hanno buttato giù dei versi, scribacchiando su un diario, un pezzetto di carta o, in quest’epoca votata alla tecnologia, sul cellulare. Difficile credere, quindi, che si vendano poche sillogi di poesie e che gli editori rifiutino conseguentemente di pubblicarne: basterebbe che ognuno di questi aspiranti poeti comprasse un libro per innalzare la percentuale delle vendite.

Queste considerazioni iniziali ci portano inevitabilmente alla riflessione su cosa sia la poesia, quali le componenti che la rendono così unica e diversa dagli altri generi letterari e che ruolo questa assuma, oggi, in una società complessa e afflitta da immense problematiche sociali. Sulla poesia e sui poeti si è detto tanto e altro verrà espresso in futuro nella molteplicità delle opinioni e attraverso i pareri più disparati. La poesia, tra le più antiche forme di espressione artistica, è stata vista nel tempo come risultato di una fuggevole ispirazione, come sentimento ed emozione, come messaggio rivoluzionario per cambiare il mondo o, infine, come pura espressione di tormento interiore fine a sé stessa, senza scopi sociali o morali. Il poeta ha assunto ruoli contrastanti, vacillando tra una personificazione di essenza quasi divina ad un emarginato sociale relegato, per parafrasare Alda Merini, a scrivere nelle ore notturne al tacere del “linciaggio delle ore”. Quale potrebbe quindi essere il ruolo di chi coraggiosamente decide di scrivere poesia oggi?

Secondo William Wordsworth il poeta non era altro se non “un uomo che parla agli uomini” (Preface to Lyrical Ballads) mentre Samuel Taylor Coleridge pensava alla capacità del poeta di stabilire un rapporto di fiducia nel lettore al punto da fargli sospendere ogni possibile incredulità. Una funzione sociale, quasi rivoluzionaria quella di Shelley che si auspica che i versi possano soffiare come il più violento dei venti riuscendo a far scoppiare una reazione politica e storica ad ogni forma di tirannia. Sarà il ‘900 a riportare il poeta nella sua “Martello Tower”, la sua stanza privata dove coltivare sensazioni ed emozioni senza doverle necessariamente comunicare al resto dell’umanità dato che, parafrasando Montale Codesto solo oggi possiamo dirti/
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”
.

 

ARTE ED ESTETICA

 

Se decidiamo d’affrontare il tema della letteratura come necessità non possiamo non riferirci all’estetica che ha permesso di distinguere varie forme d’arte accostandosi alla bellezza con diverse sfumature di sensibilità. Secondo Giovanni Teresi (2), l’estetica è essenzialmente moderna come disciplina filosofica e va fatta risalire alla fine del Settecento, come tentativo di legittimare e sistematizzare ambiti di svariata e diversificata riflessione. La modalità di accostarsi al fenomeno artistico diventa infatti essenzialmente soggettivo e attiene le emozioni, mentre nell’antichità era essenzialmente conosciuto come “passione”. A partire dal Settecento, il sentimento va invece ad indicare il riflesso soggettivo che accompagna ogni nostra esperienza e si configura come terzo ambito fondamentale della nostra vita spirituale, accanto ad intelletto e volontà.(Giovanni Teresi, cit). L’estetica comincia quindi a qualificare una precisa esperienza sociale dell’arte che delinea in modo definitivo la “figura dell’artista”. Rimane però, sia in Kant che in Hegel, una discrepanza di fondo: se l’estetica sia da intendersi come filosofia della sensibilità o della bellezza, creando una frattura tra critica del gusto ed estetica in senso stretto. Ci piace pensare che ogni frattura in quanto tale sia da considerare una perdita: opteremo quindi per un’estetica che unisca sensibilità arte e bellezza come prospettiva moderna su questa disciplina. Ogni forma artistica utilizza infatti un linguaggio specifico per comunicare in una prospettiva semantica. La letteratura si basa su una ben definita semantica della parola come mezzo di comunicazione ed espressione. Una filosofia estetica non può quindi prescindere dalla parole saussuriana ricca di contenuti tali da fungere come principi ispiratori di sensibilità e bellezza artistica.

 

LETTERATURA COME VIRTU’

 

Chi è dunque oggi il poeta? Sta ancora rinchiuso nella sua torre d’avorio incapace di trovare parole da dire o dobbiamo piuttosto pensarlo come un abile manipolatore di parole e suoni al punto da toccare le corde dell’anima e affrontare temi forti e scottanti con forza e delicatezza al contempo? Se i poeti  “lavorano di notte…nel buio,,/come falchi notturni od usignoli” è anche vero che fanno, o è necessario che facciano, citando Alda Merini, (I Poeti lavorano di notte)“rumore nel loro silenzio”.

Ecco allora che il poeta si riappropria del suo ruolo sociale e si cala nella contemporaneità. Come potrebbe un artista, un facilitatore di parole, restare indifferente alle problematiche del proprio tempo senza trasformare in versi pensieri e impressioni?

 

CONCLUSIONI

 

Cosa pensiamo sia dunque, oggi, l’espressione artistica e soprattutto come riteniamo possa svolgere una funzione “etica”, che funga da trait-d’-union tra aspetti slegati della società? Chi scrive crede fermamente nella funzione sociale della parola e della scrittura poetica. La letteratura deve riappropriarsi del suo ruolo in una fase storica che cambia e che naviga nell’incertezza delle proprie ferite. Le parole, lungi dall’essere dei contenitori vuoti, devono recuperare l’uso comunicativo per il quale sono state create e trasmettere immagini ed emozioni di cui l’umanità ha bisogno. L’abito artistico del linguaggio è stato creato esattamente per questo scopo, per fornire un approdo sicuro in tempi di instabilità.

In questa prospettiva leggere poesia ed immergersi nell’atmosfera di un racconto può servire ad alimentare gli animi che, altrimenti, in un’epoca che insegue solo le apparenze, rimarrebbero irrimediabilmente spenti.

 

Lucia Lo Bianco

 

 

1.       William Wordsworth., “Preface to Lyrical Ballads”, Famous Prefaces. The Harvard Classics. 1909–14. 1800;

2.       Giovanni Teresi: “Il valore dell’arte come linguaggio, espressione, segno e senso estetico nel pensiero di alcuni grandi filosofi”, febbraio 2023;

3.       “Perché scrivere. Motivazioni, scelte, risultati”, a cura di Francesco Bianco e Jiri Spicka, Cesati, 2017, pp. 475-487

 

 


Nessun commento:

Posta un commento