Vivere per lasciare qualcosa di buono
una scia di fragranza luminosa
glicine acceso fino all'orizzonte
che annebbia la vista
centrini rotondi su comò intessuti di lacrime
lenzuola bianche di lino distese al vento.
E poi,
lasciare sorrisi stampati negli occhi
che fissano gli altri
tazzine di caffè già consumato
sporche, mentre con desiderio rinnovato
guardi fuori dalla finestra:
<<Non fa più freddo>>.
Vivere per dirsi gli screzi a parole:
non insabbiare rabbia e disappunto
in sguardi ed occhi abbassati.
Dirsi tutto per non coltivare sofferenza.
Mangiare bocconi di buio, cancellando gli aloni.
Da SGUARDOFILIA - GIANCARLO STOCCORO
al cielo assente al prodigio
dell’aria sparsa tra i baci
la solitaria bocca veste
il respiro tiene il corpo vivo
lo ancora a terra
di giorno fa pretesto di luce
di notte lo invita a sognare
Da A CORPO LIBERO - DORIS BELLOMUSTO
Tityre, tu patulae
Oggi l’aurora incide versi
luminosi sulla pelle più sensibile
del mondo per farne balsamo
da appoggiare sul cuore.
Anche il melograno, facendo
oscillare nell’aria i suoi tremori,
osa parole gentili nello scagliare
nell’aria misteriose profezie.
È una calma apparente,
una intenerita pienezza destinata
a durare poco l’illusione del bene,
non si può dominare l’ombra
né chiedere un talento agli amori
dio delle somme con riporto
l’alba si fa setaccio di note e tu
che non dissoci il rumore dai silenzi.
Figlio di nebbie e di guerra
portinaio di ambigui paradisi
acqua che aspira al cielo
solo per farsi tempesta. Cadere
lontano dall’anima fa male
ma tu - minerale di vita lenta
- valichi stagioni
cambi il corso dei fiumi
inclini ponti come se non fossi
anche tu
nel circolo vizioso della morte.
Sta nel becco
dei passeri il raggio del bel tempo
- non t’appartiene! - e getto sale
sui campi perché le erbe
infestanti non prevalgano
odio delicatezza disprezzo mio gigante piccolo uomo
mio niente mio tutto mio esagerato e traboccante
amore
ti leggo come il diario di un adolescente
un notturno la nostra storia
le note superbe
qualche volta stonate qualche volta rimpiante
ci hanno ricoperto e noi due assolo di violino
lasciamo il teatro per l’orchestra dei più
uccello rapace ci faremo il nido al margine del
confine
dove l’acqua zampilla acqua dove l’aria non sa di
morte
dove una nuova vita ci sposerà
alla terra
unica madre tradita
ma grava nei tuoi occhi il peso del dovere
mio gigante piccolo uomo
le catene già ti stringono le reni mio martirio
io ti seguo pesce pilota e le tue orme saranno mie
sigillo impresso per tutte le stagioni.
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