venerdì 1 marzo 2024

LA ROSA DI DICEMBRE - ricordo di Anna Maria Bonfiglio

 


Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre (James Matthew Barrie)

NATALE ANNI CINQUANTA

 Zio Alberto era appena tornato dall’America e aveva portato un mucchio di gadget (che allora non si chiamavano così) di un vetro sottile e coloratissimo: alberelli, casette, nani, angioletti e animaletti vari, e tante candeline trasparenti dove ribolliva un liquido variopinto. Erano gli oggetti che avrebbero addobbato l’abete natalizio, il primo albero di Natale che noi bambini aspettavamo con ansia. Da allora, da quel lontano dopoguerra che preconizzava un periodo di benessere e di serenità dopo i disagi e i lutti che aveva procurato, l’albero di Natale rallegrò ogni anno la nostra casa. All’inizio di dicembre papà si recava al parco forestale e tornava con un grande ramo di pino che avrebbe interrato in un vaso per procedere poi al suo addobbo. E ogni volta erano storie con la mamma: una volta perché era troppo grande, un’altra perché troppo piccolo o perché non era proprio verde o perché lasciava perdere troppi aghi. Dopo discussioni e battibecchi e magari anche una litigata, il sette di dicembre, notte dell’Immacolata, si procedeva alla decorazione. A papà competeva  trafficare con le luci: fili di lampadine a fiammella, spine, interruttori ad intermittenza, prese elettriche, commutatori. Quando l’apparecchiatura era a posto allora interveniva la mamma che aveva il compito di appendere sfere, angeli ed ogni genere di simbolo religioso/portafortuna. Erano oggetti di un vetro così sottile e fragile che bastava stringere appena la presa delle dita perché andassero in frantumi. Ed infatti ogni anno se ne perdeva qualcuno. Alla fine l’albero era pronto e svettava sontuoso e illuminato nel buio della sala, dove, prima di Natale, ogni sera si recitava la novena. I primi doni di natalizi ce li scambiammo all’inizio degli anni sessanta. Erano cosucce modeste: un portamonete, uno specchietto per la borsa, un pettinino, ma ci procuravano grande gioia.

Sono passati molti anni e tutto è cambiato. Ora, nella mia casa solitaria dove anche i nipoti, ormai adulti, mancano, l’albero di Natale è diventato piccino piccino, uno stento alberello con le sfere colorate di plastica made in China. E la scelta dei doni è diventata problematica: i ragazzi sono esigenti, i bambini hanno tutto e di più, la zia ottantenne non mostra entusiasmo per nessuna cosa, e i soldi vanno via senza recare gioia né a chi spende né a chi riceve. E può anche capitare di ritrovarsi fra le mani l’oggetto che qualche anno prima hai regalato a un parente o a un amico.

 

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