Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le
rose anche a dicembre (James Matthew Barrie)
Basta l’amore
Ricordo tante cose della mia vita precedente, ma mi sfuggono sempre i dettagli.
Faccio fatica a concentrare l’attenzione, mi raggiunge un ricordo e
subito scappa via come un monello. La mia memoria fugge, ha timore di restare
imbrigliata nel presente, preferisce un tempo liquido, informe, incolore.
Prima che questo nome diventasse mio, sentirmi chiamare mi faceva
trasalire.
Chi era Doris fino a qualche decennio fa?
Non lo ricordo bene, ma so che mi era estranea e che viveva i suoi
giorni scivolando, attraversando il tempo e lo spazio con incoscienza, troppo
prudente per vivere, preferiva
acconsentire, accogliere, accontentarsi e non le piaceva affatto
sentirsi chiamare per nome, sentirsi chiamata in causa.
Di quella Doris ho ricordi nebulosi e vigliacchi.
Ma in questa frantumaglia riesco a trattenere per la coda il ricordo del
travaglio che mi ha resa madre.
Tanto dolore, senso di impotenza, rabbia, sorda solitudine, paura di
morire.
Lungo, estenuante questo travaglio, durato venti ore o forse più, mi ha
illusa di saperlo spingere il futuro oltre le mie viscere e invece mi ha
portata in sala parto.
Ricordo il sollievo dell’anestesia, le voci di medici e infermieri e poi
il pianto di mio figlio e il mio cuore in corsa verso la gioia piena di aver
dato al mondo un’altra vita.
Ricordo l’attesa dell’abbraccio, la difficoltà di attaccarlo al seno, la
soddisfazione di farcela piano piano, la fatica, la tenerezza di notti in
bianco e dubbi.
Le immagini sono sfocate, ricordo sempre a metà, ma trattengo la
dolcezza, la consapevolezza di quanto sia stato e sia e sarà sempre complicato
essere madre.
Ho imparato tante cose all’alba del 19 Ottobre 2014 e sono nata anch’io.
Mi sono restituita nome e cognome nel momento in cui a molti poteva
bastare sapermi semplicemente “mamma”.
Ho messo al mondo anche me.
Ho rovesciato lo sguardo, ho lasciato che l’innocenza ridisegnasse i
tratti del mio volto, sono diventata più dolce e più forte, istintiva,
intuitiva. Scelgo la direzione da dare ai miei giorni, spingo oltre le mie
viscere paure e inibizioni e partorisco ancora e sempre una identità che teme
il tempo, la gravità, la morte, la malattia.
Ma basta ricordare la pelle sottile di mio figlio appena nato per non
temere più niente, sapere che il mio sangue appartiene alla terra e che la
terra è un piccolo frammento di universo e in questa piccolezza basta l’amore a
farci crescere, a darci un nome.
Nessun commento:
Posta un commento