domenica 2 marzo 2025

LA ROSA DI DICEMBRE - Ricordo di Doris Bellomusto

 

Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre (James Matthew Barrie) 

Basta l’amore

 Ricordo tante cose della mia vita precedente, ma mi sfuggono sempre i dettagli.

Faccio fatica a concentrare l’attenzione, mi raggiunge un ricordo e subito scappa via come un monello. La mia memoria fugge, ha timore di restare imbrigliata nel presente, preferisce un tempo liquido, informe, incolore. 

Prima che questo nome diventasse mio, sentirmi chiamare mi faceva trasalire.

Chi era Doris fino a qualche decennio fa?

Non lo ricordo bene, ma so che mi era estranea e che viveva i suoi giorni scivolando, attraversando il tempo e lo spazio con incoscienza, troppo prudente per vivere, preferiva  acconsentire, accogliere, accontentarsi e non le piaceva affatto sentirsi chiamare per nome, sentirsi chiamata in causa.

Di quella Doris ho ricordi nebulosi e vigliacchi.

Ma in questa frantumaglia riesco a trattenere per la coda il ricordo del travaglio che mi ha resa madre.

Tanto dolore, senso di impotenza, rabbia, sorda solitudine, paura di morire.

Lungo, estenuante questo travaglio, durato venti ore o forse più, mi ha illusa di saperlo spingere il futuro oltre le mie viscere e invece mi ha portata in sala parto.

Ricordo il sollievo dell’anestesia, le voci di medici e infermieri e poi il pianto di mio figlio e il mio cuore in corsa verso la gioia piena di aver dato al mondo un’altra vita.

Ricordo l’attesa dell’abbraccio, la difficoltà di attaccarlo al seno, la soddisfazione di farcela piano piano, la fatica, la tenerezza di notti in bianco e dubbi.

Le immagini sono sfocate, ricordo sempre a metà, ma trattengo la dolcezza, la consapevolezza di quanto sia stato e sia e sarà sempre complicato essere madre.

Ho imparato tante cose all’alba del 19 Ottobre 2014 e sono nata anch’io.

Mi sono restituita nome e cognome nel momento in cui a molti poteva bastare sapermi semplicemente “mamma”.  Ho messo al mondo anche me.

Ho rovesciato lo sguardo, ho lasciato che l’innocenza ridisegnasse i tratti del mio volto, sono diventata più dolce e più forte, istintiva, intuitiva. Scelgo la direzione da dare ai miei giorni, spingo oltre le mie viscere paure e inibizioni e partorisco ancora e sempre una identità che teme il tempo, la gravità, la morte, la malattia.

Ma basta ricordare la pelle sottile di mio figlio appena nato per non temere più niente, sapere che il mio sangue appartiene alla terra e che la terra è un piccolo frammento di universo e in questa piccolezza basta l’amore a farci crescere, a darci un nome.


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