lunedì 20 gennaio 2025

"CUORE NEL CUORE. RESPIRO NEL RESPIRO" -

 

Grazia Procino propone la poesia di Costantino Kavafis

"E se non puoi la vita che desideri

cerca almeno questo

per quanto sta in te: non sciuparla

nel troppo commercio con la gente

con troppe parole in un viavai frenetico.


Non sciuparla portandola in giro

in balia del quotidiano

gioco balordo degli incontri

e degli inviti,

fino a farne una stucchevole estranea.”

 

Per quanto sta in te di Costantino Kavafis, autore nato ad Alessandria d’Egitto il 29 aprile 1863 e morto lo stesso giorno del 1933, è una poesia intrisa della saggezza antica dei Greci. Il consiglio che il poeta dà, in fondo, non è diverso da quello iscritto sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: 

Nosci te ipsum, o

Gnothi seauton,

=conosci te stesso.
E’ una lezione di vita che si immagina un uomo dalla ricca esperienza dia a un giovane affinché non sprechi neppure un attimo della propria esistenza.

Questa la lezione gnomica e il significato profondo della lirica di Kavafis che sembra provenire da un tempo remoto, eppure eternamente presente. Non ci sono domande esistenziali e neppure grandi risposte, ma un unico inderogabile imperativo: “Non sciuparla”, che equivale a non perderti, non smarrirti, non ti disunire.

L’appello appassionato dell’io lirico a far leva su sé stessi per trovare un posto al mondo e di lì esercitare il fascino salvifico dell’appropriazione della vita evitando il rischio maggiore, ossia quello di renderla una frivola estranea, mi ha incantato fin dal primo momento in cui mi sono accostata al testo e continua a sedurmi.


Guardarsi dentro serve a capire che spesso siamo assillati dal tentativo di ottenere cose che non ci servono davvero; la frenesia del quotidiano, delle chiacchiere, degli incontri, degli inviti ci fa perdere di vista la realtà più autentica che - come sottolinea il poeta - è quella interiore.
Prioritario è non cadere nella trappola dell’inganno delle apparenze, delle futili attività prive di solidità; l’esortazione finale è quella di valicare la realtà fenomenica e addentrarsi nel noumeno eterno, che è per sempre.

L’opera del poeta greco, nell’edizione italiana di Giulio Einaudi, tradotta da Nicola Crocetti, contiene un tasso elevato di cultura classica nella mistione con le radici pre-cristiane intessute di edonè greca, in cui Kavafis si crogiola.

Il poeta ha una percezione inconfondibilmente tragica e classica del destino umano, sebbene si realizzi poeticamente con un'asciuttezza e un’inquietudine spiccatamente moderne.

La scrittrice Marguerite Yourcenar fu un’ammiratrice fervente di Kavafis: capace di cogliere la fibra più intima e nascosta, il motore celato che anima i versi magnifici del poeta.  Marguerite Yourcenar  coglie nel segno quando individua tra le righe dei versi del poeta traiettorie di relazione per lui giocoforza complicate. Senza intanto smettere di restituirci la potente bellezza dei versi di Kavafis, come un balsamo lenitivo in questi tempi scabri di bellezza.


Mare al mattino

 

Che io mi fermi qui; per un’occhiata alla natura anch’io.

Di un cielo sgombro e del mare al mattino

il blu brillante con la gialla riva; tutto

bello, e tutto in piena luce.

 

Che io mi fermi qui. E m’illuda di aver visto

(certo che ho visto, in quell’attimo di sosta);

non vittima anche qui dei miei abbagli

dei miei ricordi dei miei fantasmi di lussuria. ( trad. di Nicola Crocetti)

 

 “Mare al mattino” è l’unico testo in cui Kavafis sprofonda nella natura del mare in una limpida mattina estiva, restituendo il solare incanto e l’epifania meravigliosa.

 


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