Nota biografica
Nata di Settembre
d'estate mordo nuvole
d'inverno succhio luce
quasi sempre cedo
il passo ai furbi
e mi fingo ingenua
vivo giorni di trasparente
menzogna.
Il mio tempo vitreo
basta niente a scalfirlo
mi ferisce l'amore
mancato
me ne andrò da questo mondo
ricordando
i baci sulle scale
il mare
le mani di mia madre
l'amore
preso al volo
come fosse un caffè
Poesia edita, tratta da:
Il centro del mondo, Domenico Cipriano (Transeuropa, 2014)
(a mio padre)
Si è raggrumata in sogno
la sequenza dell’adolescenza
noi due seduti: tu intento
a leggere il giornale, io
un libro, cogliendoci nelle parole,
fermando quell’istante quotidiano
complici gli odori della casa
il calore della stufa a kerosene
e il velluto a scacchi delle poltrone.
Mi hanno sorpreso di notte
in un sobbalzo della mente
che si concede raramente indietro
scompigliando gli anni
alla memoria senza grandi eventi:
quella necessaria, e più segreta.
Poesia edita, tratta da: Il tempo diviso, Laura Pierdicchi (Cierre grafica)
Durante il tempo con occhio
minuzioso
ho seguito e raccolto ogni dettaglio
per capire i movimenti - il flusso del reale
la complessità dei giochi e interscambi –
ho osservato e registrato il trasformarsi
nel succedersi degli eventi – nelle infinite
probabilità di variazioni – nella pluralità
del possibile e del voluto. Ho sviluppato
a poco a poco una vista astrale – ho toccato
l’impalpabile nel variegato mondo delle cose.
L’acqua intanto riduceva il
calore
del battito troppo acceso e tra le mani
a volte solo briciole di pietra. Ho imparato
a leggere il ritmo del fluire nell’infinito
intrigo del sistema – ma dall’inizio
a tutt’ora balbetto di fronte allo sgorgare
del mistero -
alla fuga delle ombre
al clamore delle loro danze scatenate.
Poesia inedita di Valerio De Nardo
AUTO_BIOGRAFIA
SIMCA mille
verde pisello,
sotto al lunotto
sul poggiacappello
un cane di plastica,
collo snodato,
a molla annuente
seguivo incantato
in tal guisa ch’io -
in ginocchio al sedile -
indietro rivolto
potessi mirarlo
per anni oscillare
al tempo d’infanzia
ch’or pure lontana
m’appare beata.
Comincia così
la mia biografia,
nell’auto francese
di Luana, la zia,
prima a portarmi
nel secol veloce
di cilindro e pistone
a scoppio motore.
Foto in memoria
dei toni di grigio
del bianco e di nero
di mezzo ai Sessanta
fugaci passammo
in Fiat milleettre
segno di un’epoca
allor familiare.
Fu quindi la Giulia,
per tutto bambino,
azzurrina, potente
Super mille e seicento.
Pure la targa
ancora ricordo,
CZ60621;
deflettori spiegati,
nell’Alfa Romeo
in cinque si stava
coll’aria sospinta
solo dal vento
pei finestrini
a penisola andando:
Lamezia, Falerna,
poi Valle del Noce,
Salerno e poi dopo
Napoli e Roma,
autostrada del Sole
fino a Torino
seguendo la squadra,
calabro orgoglio
per valigie lì giunte
da poco col treno
- sempre del Sole -
in fabbriche nordiche,
nuovi modelli,
ma stava su scritto
ai sabaudi cartelli
ch’ai meridionali
- sporchi e terroni -
niente sarebbe
stato affittato.
Anni Settanta,
all’ombra vissuti
d’accordo di Yalta
in estati clementi
e d’anticiclone
ancora d’Azzorre
ma è crisi in Italia
cresciuta e già stanca,
esausta oramai
di petrolio e di piombo,
intanto che i’era
in incerti orizzonti
di preadolescenza
in piccola nera
Fiat 126: CZ144258.
Di quarta mano
fu l’auto(no)mia,
Fiat 500, rossa,
con Roma su targa
E... poi numeri svaniti
in ricordi fumosi:
imparare a guidare,
semovente scoprire
in doppia debraiata
la propria identità
su patente e libretto
seguendo le strade
di vita in percorso.
Avevamo una 127
carta da zucchero
quando
mio padre morì.
Autobianchi A112,
scattante blu taxi
a Sant’Eufemia devoto
nel tornar periodico
di amici emigrati,
poi con essa andare
militare a servizio
per finire pur’io
emigrato in lontana
terra di Tuscia.
E lì, sposati,
una Citroen AX
grigia targata VT
ci condusse per anni
giovani illusi
a cavallo vapore
di progetti, speranze
e nuovi millenni.
Piccola graziosa
Twingo Renault
color del corallo
accolse
l’arrivo del figlio,
ma non più sufficiente
agli spazi richiesti.
Station wagon
Toyota Corolla
allora fu scelta
per nuova famiglia.
In 207 Peugeot
ribaltai pendolando
da Viterbo diretto
all’Eterna Città,
pochi mesi dopo
che pure mia madre
andata se n’era,
avendomi lei
a guidare insegnato
fino da quando
io sono nato.
E or la 208 Peugeot,
come Roma graffiata
come gli anni
passati scoprendo
che le ammaccature
non sempre vanno aggiustate
come le rughe
che addosso mi porto
con disillusa affettuosa
combustione d’interno.
Due Poesie edite
tratte da "E plana stanca sulla riva" , Lucia Lo Bianco ( 2022 Helicon Edizioni)
Solitudine nell’onda
Ma lo sapevo già che
avrei ritrovato
la mia bionda solitudine
nell’onda
e avrei vissuto la mia
arsura
come il sangue che scorre
nel deserto.
E conoscevo già il buio
che vive
a ridosso del respiro
della sabbia
sopra il fondo incerto e
le pareti
di un fragile corpo ormai
perduto.
E lo sapevo già che avrei
contato
i chicchi sparpagliati
sul mio viso
e gli infiniti sassi sui
fondali
e avrei allungato ancora
la mia notte
attendendo il dissolversi
del tempo
nella pura essenza del
ricordo.
E nel silenzio avrei
disperso la mia pelle
che ancor respira in
giorni sempre uguali
tra mille essenze e
particelle taciute
a lungo nell’immobile
universo.
E questo vento ha quel
sapore
che si dilegua come
farfalla sotto il sole
e poi si screzia di scure
lacrime di notte
e veleggia, veliero
naufragato nell’abisso.
Ma riuscirò a mutarmi nel
giallo oro
della sabbia a primavera,
una crisalide
che rinasce ogni giorno
all’orizzonte
e si distende tremolante
sotto il cielo.
Dovrò bagnarmi alla fonte
del sapere
Di sole e luna la mia
anima si ammanta
mentre cammino a piedi
nudi sulle onde
e non mi basta che un
battito di ciglia
per contenere i granelli
della sabbia.
Gli occhi dipingono fino
all’orizzonte
ma non c’è posto per il
blu di questo cielo,
le labbra sfiorano l’aria
come un soffio
ma sa di sale il vento
menzognero.
Vuoto è il cammino negli
angoli del tempo,
vola il suo carro e
veloce è il suo cocchiere,
fragili ali come di
farfalla mi son compagne
nel cristallo delle acque.
E poi: giù in fondo!
Sul tappeto calpestato
dell’abisso,
sui chiaroscuri
pennellati dal ricordo,
tra quelle dune disegnate
all’infinito
che solo i sogni ridanno
alla memoria.
Ma per rinascere svuotata
di passato
dovrò bagnarmi alla fonte
del sapere
e ricercare il riflesso
del mio viso
sulle alte vette in cima
all’universo.
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