lunedì 20 gennaio 2025

DIALETTO E VOCI AUTENTICHE: Patrizia Sardisco

 

PATRIZIA SARDISCO

Torniamo al Sud, allo sguardo femminile sul mondo attraverso una rilevante voce dialettale: Patrizia Sardisco. Siciliana di Monreale (PA) si esprime attraverso la lingua italiana e il nobile dialetto isolano. Vincitrice di diversi concorsi letterari a livello nazionale, tra i quali il premio “città di Ischitella-Pietro Giannone” nel 2021 con la raccolta Sìmina ri mmernu (Semina d’inverno) e il premio “Città di Chiaramonte Gulfi nel 2023 col poemetto eu-nuca. La sua non è la lingua dell’istinto, del primo impatto con la realtà; si nota piuttosto nelle sue raccolte un calibrato dosaggio lessicale e sintattico, una intelligente quanto magistrale costruzione di un testo per una resa d’insieme artisticamente matura. La poetessa presenta un testo dalla raccolta su citata con un esaustivo commento del suo lavoro.


Da Sìmina ri mmernu, Cofine, 2021

 

I voti ’i quann’ è ch’è fòrbicia

e nsinurunchitedda – serra

arrimunna e nforza

senza curuzzutènniru

nnomentritagghia

pinsannuarrèpibbèstiri.

 

I voti ch’è tirrenu

r’oggellannu

c’all’annueccaarrè

run’amanciari u virdi

e u vigliardu

r’unnidda stessa ràrica c’attenta

u curririra stati

rintra a mutria r’ummernu

e u so’ ciatuni

ammàtulaunu e rui.

 

A parrata i me’ matri

è spìngula e si nfila

a spirugghiariruppa

senza zìttir’ufilu

tenniru e longulongu

r’uréficu ’u riscursu.

 

 Le volte in cui è forbice / persino roncola – sega / pota e rinforza / senza falsi pietismi / tagliando / mentre pensa a rivestire. // Le volte in cui è terreno / di stagione passata / che torna a rifiorire / nutre di verde / e di antico / da una uguale radice che ascolta / la corsa dell’estate / nel broncio dell’inverno / e il loro fiato grosso / e l’uno e l’altro vani. // La lingua di mia madre / è uno spillo e s’insinua / a smatassare nodi / senza zittire il filo / tenero e lunghissimo/ dell’orlo del discorso.

*

Qualunque siano i temi o le suggestioni originarie – nel caso di questa mia raccolta, un cruento incendio che in piena estate ha posato un inverno di cenere sul fianco della Moarda, la montagna che guarda alla mia casa, facendosi violentemente chiave simbolica dei tanti altri inverni-incendi che hanno incenerito, gelato e risvegliato lungo gli anni il cuore – quale che sia la sua matrice germinativa, sopravanza sempre, alla scrittura in dialetto, un filo di fiato per inseguire ancora sé stessa, per sporgersi a leggersi nello specchio opaco delle proprie radici e delle proprie proiezioni apicali.

Nel testo che propongo, collocato all’inizio dell’ultima delle tre sezioni in cui è suddiviso il libro, la lingua materna è colta nella sua peculiare attitudine alla linearità virtuosa, nella sua capacità di sciogliere “nodi”,  siano essi i nodi in gola dell’esitazione, quelli scorsoi della reticenza davanti a un materiale incandescente, o i nodi del pensiero quando si avvita su sé stesso e dentro a una lingua logora, che si strappa, perdendo senso: affilato, pulito, il dialetto offre dicibilità a ciò che non potrebbe esser detto altrimenti se non al prezzo di una ingente perdita di densità.

La lingua madre sfronda la scrittura, con un gesto che appare impietoso, estremo, persino castrante (il dialetto possiede vocabolario e costruzioni sintattiche limitate e limitanti) quando non lo si comprenda dentro un’opzione di poetica, dentro la scelta della strada meno battuta, certamente più impervia,ma rorida di un silenzio fertile dentro cui intuiamo una sonorità perenne e la promessa di parole vere.

La lingua madre è la terra di quella strada nascosta in cui la vegetazione non perisce col volgere dell’estate nell’inverno ma perennemente rinasce e si rinnova da radici profonde in profondissimo ascolto del tempo, al di là della lotta transeunte delle stagioni, perché ha in sé l’antico della propria materia e il nuovo della nuova semina dei nostri passi, del nostro parlare, il filo tenero e tenace, allungato del nostro proferirla e scriverla.

 

 Breve nota bio-bibliografica

 

PATRIZIA SARDISCO è nata a Monreale, dove tuttora vive. Scrive in lingua italiana e in dialetto siciliano. Laureata in Psicologia, specializzata in Didattica Speciale, lavora in un liceo di Palermo in qualità di docente di sostegno. Nel 2016 pubblica la silloge in dialetto Crivu, vincitrice del Premio Città di Marineo e menzionata al Premio Di Liegro di Roma. Nel 2018 si aggiudica il Premio Montano nella sezione “Una prosa breve”; con la silloge inedita in dialetto ferri vruricati guadagna il secondo posto del XV Premio Ischitella – Giannone e, nello stesso anno, per le Ed. Cofine, dà alle stampe il poemetto eu-nuca, finalista nel 2019 al Premio Bologna in lettere e vincitore della sezione opere edite del Premio Città di Chiaramonte Gulfi. Del 2019 è la silloge Autism Spectrum, vincitrice della quarta edizione del Premio Arcipelago Itaca e segnalata al Premio Bologna in lettere 2020. Nel 2021 pubblica Lo spettro del visibile, poesie in italiano, Ed. Cofine. Nello stesso anno, la raccolta Sìmina ri mmernu vince la diciottesima edizione del Premio Ischitella, con pubblicazione dell’opera per Cofine, e la raccolta nuàra, terza classificata al Premio Pietro Carrera, viene pubblicata per i tipi de Il Convivio. Nel 2022, ancora per Cofine, cura insieme a Anna Maria Curci e Cristina Polli, la raccolta di saggi Poesia e plurilinguismo, Ricerca azione e cittadinanza nelle lingue, nei linguaggi e nelle letterature, che contiene tra gli altri un suo saggio sui rapporti tra il poeta siciliano Antonio Veneziano e il grande Cervantes. Giurata in diversi concorsi letterari a carattere nazionale, nel 2023 è stata in Giura per il  Premio Città di Chiaramonte Gulfi, Bologna in lettera, Premio Carrera.



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