IL RESTO MANCA
Mancavano pagine
il marmo dell’epigrafe
era scheggiato
due sole parole
cetera desunt
il resto mancante
mancanti la testa e i piedi
e tutto il resto mancante
che testa e piedi divide
cetera desunt…cetera desunt…
parole sul frontone d’un tempio vuoto
vorticanti col vento come per dirci
solo noi ci siamo
tutto il resto manca
era questo che non sapevate.
(Da "Tenebra e azzurro", in L’aria secca del fuoco, Mondadori, 1972)
"Era questo che non sapevate"
Ho scelto questo superbo testo di Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto 1922 – Milano 1979) per la sua intelligenza; un’intelligenza non generica ma intrisa della virtù di intus-legere, di andare dentro la superficie, che in questo testo si concreta nella meravigliosa e surreale capacità di rimandare infinitamente ad altro.
-Una suggestione già nel
titolo: “Il resto manca”.
-Un’indicazione,
“mancavano pagine”, “due sole parole cetera desunt” “parole … vorticanti
col vento”.
-Una presenza “solo noi
ci siamo”.
Il gioco tra
questi elementi forma con evidenza, a mio avviso, l’ossatura struggente del
testo. Se messo infatti a confronto con “solo noi ci siamo“, “il resto manca” apre
una voragine vorticosa: che altro occorre infatti, che altro chiedere e a chi,
se “solo noi ci siamo”? A cosa attribuire questa radicale insoddisfazione?
Eppure, “mancavano pagine…”: ci si trova
proiettati verso qualcosa che attira anche se resta non detto di cosa si
tratti: un’assenza che deve essere incontrata, affrontata. Come se quelle “pagine
mancanti”, quel “resto” fossero abitate dal desiderio dell’autore, dal desiderio del poeta. Che
giustifica ogni insoddisfazione.
Il meridione
poetico che questo testo evoca giace nello sfrido, sottile ma senza speranza e
senza resto, tra ciò che abbiamo e ciò che non abbiamo (l’assenza nutrita dal
desiderio della presenza: “mancanti la testa e i piedi/e tutto il resto mancante/che testa e piedi divide”) e nella
lacerazione di esserne consapevoli: “era questo che non sapevate”.
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