martedì 9 dicembre 2025

DIALETTO E VOCI AUTENTICHE - Nadia Mogini - a cura di Alfredo Panetta

 

Riprendiamo la rubrica sulle voci dialettali con Nadia Mogini. Nadia appartiene a quella categoria di autori in dialetto che si esprime nell’idioma d’origine pur vivendo in un’altra regione. In realtà la Mogini è un’autrice trilingue: si esprime in dialetto perugino (Perugia è la sua città natale), in anconetano (oggi vive ad Ancona) e sporadicamente in lingua nazionale. Vi presentiamo alcune liriche scritte nei dialetti che ha frequentato, precedute da due note critiche: la prima di Manuel Cohen e la seconda tratta da un’antologia di poeti neodialettali marchigiani curata da Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli. In merito ai riferimenti culturali in cui gravita la sua poesia, mi permetto di citare, per essenzialità e ricerca di una lirica luminosa, il nome di un grande poeta dialettale marchigiano: Franco Scataglini. Buona lettura.                                                                                                           Alfredo   Panetta

Verticale e razionale, elegante e naturale, visionaria e, suo malgrado, sempre sorprendente per mitezza, la poesia di Nadia Mogini affronta i sentieri e i luoghi etici, morali, fisici e memoriali dell’Umbrietà come dimensione dello spirito: “La parola, n dialetto, /è l zzòno de la cosa/ che prima d’èsse idea/ scappa da drénto e vola.”, “La parola, in dialetto, /è il suono della cosa/ che prima d’essere idea/ scappa da dentro e vola.” Coniugando la levità penniana del ‘suono della cosa’ con un’acuta percezione pasoliniana e leopardiana del mondo o del ‘sogno di una cosa’, l’autrice attraversa, (o sarebbe più legittimo ipotizzare, come suggerisce sapientemente Walter Cremonte in Prefazione, che sia attraversata?) da tutto il vento di religio e di passioni dell’originaria couche linguistica perugina o umbra tout court. Lingua e luoghi pervasi da figure esemplari, marginali come “santi scorbutici e schivi”. Poesie e parole come germogli di alloro, che conservano, in nuce e per sempre l’autenticità della vita e della poesia.

 Manuel Cohen (in bandella di quarta di copertina del volume Gettlíni de linòrio-Germogli di   alloro)

 Raffinatezza e sobrietà nella poesia della Mogini si colgono in una produzione linguisticamente itinerante per  luoghi dell’anima, rappresentati dalla città natale di Perugia e da quella adottiva di Ancona. Anche se la vita ha portato l’autrice lontana dalla sua terra, la sua rielaborazione linguistico - dialettale si muove nel centro Italia, nelle due regioni, l’Umbria e le Marche, in cui ha affondato le radici. Se per ovvie ragioni con il dialetto perugino si stabilisce una relazione privilegiata in quanto codificazione del parlare materno, la Mogini non rinuncia a calarsi in altre vesti. Le sue incursioni in un dialetto appreso in età matura sono più rare, ma non di minore efficacia. Antonio Carlo Ponti rileva addirittura che la sua sia una lingua in cui si trovano talvolta miscelati il dialetto perugino e quello anconetano, ma anche l’italiano. Sia Ponti che Nicola Fiorentino parlano di poesia icastica ed eliotiana ed i riferimenti del mondo reale sono comunemente rintracciabili anche nelle composizioni anconetane. Per questo la poetessa riesce a modulare gli idiomi senza snaturarsi e sembra trovarsi a suo agio. Nel passaggio dall’uno all’altro codice i concetti non perdono pregnanza, perché la lingua non viene svilita né incatenata; al contrario essa viene adeguata ai suoi spazi affettivi e alle sue possibilità espressive. Nondimeno, da un punto di vista affettivo, la Mogini mostra una sincera affinità con le Marche.

 Da “ Poeti neodialettali marchigiani” a cura di Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli, pagg. 119 e 120, Ed. Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, Ancona, ottobre 2018 

 

 Avantigiorno

                                                                      

Avantigiorno                                                             

scialíscon pian le stelle                                             

sopra l Zzubàsio                                                        

 

stratàta sotto                                                             

svapora la pianura                                                     

e l verde scupre                                                         

 

pu dietr’i nuvli                                                          

l cilèste se scalàmpa                                                  

e schiazza l monte.                                                   

 

E tu Francesco                                                          

sè l fiòlo de stó monte                                              

gnudo e sivèro                                                           

 

io v’arispíro                                                               

poggiata a la lindiéra                                                

e nn ò da chiéde                                                        

 

frúscion liggére                                                         

come vèste de fata                                                    

le voci vostre.                                    

 

E io le ntèndo.

 

 

Prima dell’alba

Prima dell’alba/ impallidiscono lentamente le stelle/ sopra il Subasio // sdraiata sotto/ svapora la pianura/ e il verde scopre// poi dietro le nuvole/ il celeste schiarisce/ e chiazza il monte.// E tu Francesco/ sei figlio di questo monte/ nudo e severo// io vi respiro/ appoggiata alla ringhiera/ e non devo chiedere// frusciano leggere/ come gonne di fata/  le voci vostre.// E io le comprendo.

Dialetto di Perugia

Da “Gettlíni de linòrio” (Germogli di alloro), p.28, puntoacapo Editrice, Pasturana (Al), 2021

  

             Umbrietà

 

            I

            Ntó st’Umbria ch’è selvatica

            piace quil Padreterno

            che se fa ndovinà

            che smòve l tu penzziero

            che te fa èsse òmo.

            Di qui ce tira forte

            n vento ch’arlèva i santi

            co mbòna mattería.

            St’aria ce fa n tutt’uno

            col ditto Padreterno

            ncó si lu ce se nega.

 

            II

            Bólzza la terrra de sostanzza strambla

            nti orecchi fischia n’aria ch’à parole,

            li stesso c’èn le voci nti silenzzi

            l buio discorre fitto de sapienzza

            l giorno sòrte co na bellezza antica.

 

            Nutricàti cussí o santi o matti.

 

            Umbrietà

             I

In quest’Umbria selvatica/ piace quel Padre Eterno/ che si fa indovinare/ che scuote il tuo pensiero/ che ti fa essere umano./ Qui prepotente soffia/ vento che alleva santi/ con una follia buona./ E noi fonde quest’aria/ col detto Padre Eterno/ anche se lui si nega.

 

II

Piena la terra di sostanza strana/ nelle orecchie fischia un’aria che ha parole/ lo stesso ci sono voci nei silenzi/ parla fitto fitto il buio di sapienza/ nasce il giorno con una bellezza antica.// Allevati così si diventa o santi o matti.

 

Dialetto di Perugia

Da “ Gettlíni de linòrio” (Germogli di alloro), p.12, puntoacapo Editrice, Pasturana (Al), 2021

             

            Mescíe

             Tónf de mbréqqu(o)lo buca l mar da riva

            l’aqqua se stremolísce n tanti chiérci

con quil zzilenzzio d’univerzzo solo

            che smòve le armonie senzza sapéllo.

 

            Voci scompàgne  de n cantà lontano

            s’arconóscon e fònno n contrapunto

            che s’acènde e se spénge co la grazzia

            de le lucc(io)le che rúzzon tra de loro.

 

             Inezie

 

Tonfo di un sasso buca il mare da riva/ l’acqua rabbrividisce in tanti cerchi/ con quel silenzio di universo solo/ che muove le armonie senza saperlo.// Voci diverse di un cantar lontano/ si riconoscono e fanno un contrappunto/ che si accende e si spegne con la grazia/

delle lucciole che ruzzano tra loro.

 

Dialetto di Perugia

Da “Gettlíni de linòrio” (Germogli di alloro), p.20, puntoacapo Editrice,  Pasturana (Al) 2021

            

Fiòta el mare

 

More l’istate lenta su le gròte

e slàgrima j stradèli giò dal monte

niscosti ntra j intreci de le rame.

Na nebiulína a sbafi infàscia el zzole

de n culore gialíno sbrigiulíto.

El mare, sótu, cu la voce fina,

frige sui fianchi tondi de le barche

e s’alza n fiato de cinígia móla

sopru j acènti greghi e de levante.

Me spètina na bava de penziero:

còfe de fiori vane pe stu mare

tante ne more drento i cavaló

da lóngo pare machie de culore

da vecíno è facie de dulore.

 

Fiotta il mare

Muore l’estate lenta sulle grotte/ e lacrimano i sentieri giù dal monte/ nascosti tra gli intrecci dei rami./ Una nebbiolina a sbaffi fascia il sole/ d’un colore giallino infreddolito./ Il mare, sotto, con la voce fina,/ frigge sui fianchi tondi delle barche/ e s’alza un fiato di cenere bagnata/ sopra gli accenti greci e di levante./ Mi spettina una brezza di pensiero:/ ceste di fiori vanno per questo mare/ tanti ne muoiono tra le onde/ da lontano sembrano macchie di colore/ da vicino sono facce di dolore.

 

Dialetto di Ancona

Da “Poeti neodialettali marchigiani”, p.124, a cura di Jacopo Curi e Fabio Serpilli, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 2018 

 

            Léngua adutíva

 

            Per me, nata oltro i monti,

            n principiu era dulóre

            de léngua furestiera.

 

            Pò pianu pianu

            la graziéta dei  vezegiativi

            la pigrizia ruza de le parole strónghe

            lo sdopiamènto che fa sguilà le dopie

            la nina nana de le interugative

            m’à cantatu drénto

            come la léngua mia.

 

            È curdó de belígu, adè,

            cu sti cristiani d’aqua.

           

            Lingua adottiva

 

Per me, nata oltre i monti,/ in principio era dolore/ di lingua forestiera.// Poi piano piano/ la grazia dei vezzeggiativi,/ la rozza pigrizia delle parole troncate/ lo sdoppiamento che fa scivolare le doppie consonanti/ la ninna nanna delle interrogative/ mi hanno cantato dentro/ come la lingua mia.// Sono cordone ombelicale, adesso,/ con questa gente di mare.

 

Dialetto di Ancona

Da “Poeti neodialettali marchigiani”, p.125, a cura di Jacopo Curi e Fabio Maria Serpilli, Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche, 2018

 

 Nota biobibliografica 2025

 

Nadia Mogini è nata a Perugia, dove si è laureata in Lettere Moderne. Ha iniziato la sua carriera di insegnante in Lombardia poi si è trasferita ad Ancona dove vive tuttora. Molto legata alla sua città d’origine, scrive prevalentemente poesie in dialetto perugino, ma anche in dialetto anconetano e in italiano. Appassionata di teatro, fa parte di una compagnia amatoriale di Ancona e ha recitato in vari lavori in dialetto anconetano e in italiano. Nel 2005 le è stato assegnato il Premio di migliore caratterista  femminile al Festival Nazionale del Dialetto “La Guglia d’oro” di Agugliano (An).Per molti anni si è dedicata anche al canto corale.

Con la raccolta in perugino “Íssne” (Andarsene), Ed. Cofine, Roma, vince il 1° Premio dei Concorsi “Città di Ischitella-Pietro Giannone” 2016 e “Isabella Morra”, Monza Brianza 2017 e il 2° Premio del Concorso ”Salva la tua lingua locale”, Roma 2016.

Nel 2021, con la seconda raccolta in perugino, “Gettlíni de linòrio” (Germogli di alloro), puntoacapo editrice, Pasturana (Alessandria) 2021, vince il 1° Premio del Concorso “Salva la tua lingua locale” Roma.

Oltre a quelli citati, ha ricevuto numerosi altri premi per sillogi poetiche e poesie singole in dialetto perugino, anconetano e in italiano. Nel 2024, nell’ambito della XIX Edizione del Premio Letterario “Poesia Onesta”(Concorso nel quale è stata premiata più volte negli anni precedenti) le è stato assegnato il Premio Speciale “Anna Elisa De Gregorio” oltre al 2° Premio per una silloge in dialetto perugino. Le sue poesie sono incluse in antologie e riviste letterarie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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