venerdì 26 gennaio 2024

LA PAROLA CHIAVE: NAUFRAGI - S.E.R. Mons. Antonio Caiazzo Arcivescovo di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico

“Fermare i trafficanti, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti… I viaggi della speranza non si trasformino più in viaggi della morte. Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali tragici incidenti… Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere(Papa Francesco dopo il naufragio di Steccato di Cutro)

Il 19 aprile del 2023, con un gruppo di sacerdoti della Diocesi di Tricarico, accompagnato dal parroco di Steccato di Cutro, mi reco su quella spiaggia che la notte tra il 25 e il 26 febbraio vide, a pochi metri dalla riva, infrangersi il sogno di libertà di circa 100 persone, sotto le onde furiose del mare.

Il 19 aprile è una giornata di sole, il mare è liscio come l’olio e trasparente. Sulla spiaggia i segni di croci, di fiori, lumini spenti, scarpe, vestiti, peluche per bambini, biberon…, tanti pezzi di legno di quell’imbarcazione sparsi per centinaia di metri.

E’ difficile parlare. C’è solo silenzio. Nessuno ha voglia di aprire bocca. Solo preghiera e commozione prima di celebrare la S. Messa in suffragio dei naufraghi e dei dispersi.

Ora che i riflettori nazionali e internazionali si sono spenti, le passerelle finite, c’è il riflesso dorato del sole che solca quelle calme e deliziose acque come grembo che ha accolto l’ultimo alito di vita sulla terra di bambini, giovani, adulti.

Raccolgo due piccoli pezzi di legno di quella barca. Li porto gelosamente con me fino a Matera, dove, nella mia cappella li pongo per sempre a forma di Croce. Ogni giorno un ricordo nella preghiera per i tanti, troppi innocenti che nel nostro splendido mare trovano la morte.



Sono almeno 40 anni che si assiste, a volte sgomenti, altre volte addolorati, altre volte, purtroppo, stanchi o meglio scocciati, nel vedere corpi senza vita recuperati in tutto il bacino del Mediterraneo. C’è la morte sulle rotte tracciate nel nostro mare: partono dalle coste africane o da quelle dei Balcani per approdare su quelle siciliane o calabresi, a volte pugliesi.

Si tratta di spostamenti di persone e non di numeri. Dietro ad ogni numero c’è un essere umano: una sorella, un fratello, una figlia, un figlio, una madre o un padre, che hanno lasciato il proprio paese affrontando difficoltà estreme, sperando di raggiungere una nuova terra dove trovare migliori condizioni di vita.

Purtroppo, ormai, siamo abituati a conoscere o, meglio, vedere i migranti solo quando arrivano sulle nostre terre, ma difficilmente si parla delle motivazioni che li portano a scappare. Una su tutte: i loro paesi sono fortemente segnati dalle conseguenze lasciate dagli Stati postcoloniali. Quindi l’Occidente! Quindi anche l’Italia!

Dieci anni prima, il 2013 è ricordato per l’aumento dei grandi flussi migratori a causa dell’instabilità politica dei paesi che si affacciano sul mediterraneo. In questo contesto non dimentichiamo le scene del naufragio avvenuto il 3 ottobre 2013, a poche miglia dalle coste di Lampedusa, per il grande numero di vittime che ha provocato. E’ stata la più grande tragedia conosciuta e documentata.



La storia ci insegna che tutte le civiltà hanno trovato la loro costruzione e il rinnovamento attraverso le migrazioni. Senza andare troppo lontano basterebbe considerare i precedenti secoli: dall’ottocento al Novecento e quindi a questo periodo del terzo millennio. Noi italiani e, in particolare del Sud, abbiamo letteralmente invaso il mondo alla ricerca di un futuro migliore. Nelle Americhe, in Australia, nel Nord Europa. Tutti i popoli, sull’intero globo terrestre, con oltre 160 milioni di persone hanno trovato collocazione e integrazione contribuendo in modo essenziale alla crescita economica, culturale, umana, religiosa.

Oggi la malavita organizzata ha investito sui poveri disgraziati: sono una risorsa da sfruttare che rende bene con “carrette” del mare, con il racket della prostituzione delle donne, del caporalato per gli uomini.

Charitas italiana, qualche anno addietro ha pubblicato “Cause di migrazioni e contesti di origine”. Riporto questo pensiero: “Quando si parla di migrazioni “l’occhio di bue” mediatico illumina sempre l’apice della crisi. La luce viene puntata sugli sbarchi, gli arrivi, l’accoglienza. La punta dell’iceberg insomma. Non passa giorno senza resoconti mediatici concentrati sugli aspetti negativi della migrazione. Migranti che paiono piovuti dal cielo, in arrivo da terre sconosciute. Persone decontestualizzate e ridotte a categorie giuridiche e mediatiche di richiedenti asilo, profughi, migranti economici, o più brutalmente categorie discriminatorie di clandestini, invasori, irregolari”.




Sono almeno quarant’anni che il fenomeno migratorio è ripreso in particolare verso i paesi occidentali, trovando nelle politiche dei governi che si sono succeduti in Italia e in Europa costanti ostacoli alla circolazione delle persone, impedendo quel ricongiungimento familiare con quanti erano partiti prima. Al contrario c’è stato un incremento del libero mercato delle merci, del commercio dei beni. Basterebbe vedere come proprio in questi giorni le rotte del commercio vengono difese con il rischio di una guerra mondiale.

Se nei secoli precedenti le motivazioni che spingevano la nostra gente a spostarsi, dall’Italia in altri paesi, erano sintetizzati nel sogno americano o australiano, oggi si scappa da povertà, miseria, guerre, ingiustizie, persecuzioni.  Sta emergendo sempre di più una nuova figura del migrante che è quella del rifugiato che scappa dai deboli regimi dittatoriali, da guerre civili che hanno procurato e continuano a procurare milioni di vittime senza che l’occidente sia adeguatamente informato e nel silenzio delle istituzioni europee.

La nostra Costituzione, parlando del rifugiato all’art. 10, spiega che bisogna dare diritto d’asilo a chiunque non goda nel proprio Paese delle libertà democratiche garantite dalla stessa nostra Costituzione. Eppure dal 1990 si sono succeduti interventi legislativi atti a regolarizzare, allontanare, impedire il flusso migratorio:

-   la legge 39/1990 cosiddetta legge Martelli

 la legge 40/1998, la cosiddetta Turco-Napolitano, e successivamente al Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero (Dl 286/1998).

-   la legge 189/2002, conosciuta come legge Bossi-Fini

-         Non dimentichiamo che c’è un “Decreto Cutro”, stilato e approvato, nei giorni successivi alla tragedia nei locali del palazzo comunale di Cutro, dove si è ritrovato il Consiglio dei Ministri dell’attuale governo.

Alcune norme del medesimo Decreto, convertito il 5 maggio dalle Camere nella legge numero 50, hanno suscitano «profonda preoccupazione» nell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Durante il 43° Convegno Nazionale della Caritas italiana, svoltosi a Salerno, il Presidente della CEI, Card. Matteo Zuppi ha sottolineato: «La migrazione non è una emergenza ma una realtà con cui fare i conti con lucidità, realismo e capacità innovativa. Non è un problema da risolvere, ma una realtà da governare nella sua complessità, dando attenzione ai diversi valori. Alla vita delle persone, ossia se uno sta morendo va salvato; alla loro dignità, al desiderio di pace, giustizia e di un cammino di vita migliore. Sul tema dell’integrazione vorremmo che i migranti fossero tutelati e non limitati dalle leggi. Serve poi un lungo e paziente lavoro per eliminare le cause delle migrazioni forzate».



Quale monito dalla tragedia di Steccato di Cutro? A breve sarà l’anniversario. Si riaccenderanno i riflettori per qualche ora, sentiremo le solite dichiarazioni, rivedremo, con gli occhi del ricordo e di uno sgomento non ancora spento, i corpi galleggianti: i “più fortunati” saranno recuperati, riconosciuti e seppelliti; tantissimi altri rimarranno senza nome in una tomba comune. Il mare, che oggi accoglie e custodisce la loro memoria, domani giudicherà questo nostro tempo così grigio e disamorato della vita; questa umanità, non più popolata da amici, figli o fratelli che, riconoscendosi, si incontrano, ma da nemici che si scansano quando non si uccidono.

                È allora che mi chiedo chi siano i veri naufraghi…

 

 

 

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