Dio ci ha donato la memoria, così possiamo avere le rose anche a dicembre (James Matthew Barrie)
Dice “la magia del Natale”… e a me vengono i brividi. Ma quale magia, quale festa. Quella della pubblicità, dei panettoni, dei dolci, delle lucine, dei bambini, delle famiglie… tutto falso, tutto artefatto. Io non so in quale momento della storia abbiamo potuto credere a questa favola moderna che vuole tutti felici e riuniti intorno ad un tavolo imbandito per far festa. Io me li ricordo e con terrore, questi tavoli effettivamente imbanditi ma attorno sedevano i miei zii calati dal nord per fare Natale in famiglia. Altro che festa ne veniva fuori! Certe litigate che io e mia sorella rimanevamo scioccate per il resto di quei giorni “magici” e anche oltre, spesso.
Quei natali noi li temevamo sopra ogni altra cosa. E guardavamo con pena nostra madre che, manco fosse la cuoca di un ristorante stellato, passava ore in cucina a preparare e ricette di famiglia e quelle tradizionali. Non faceva mancare niente a quella tavola delle feste: era forse un modo per fare sentire in colpa i suoi fratelli per essersene andati al nord? Voleva forse che rimpiangessero di aver lasciato il sud pur sapendo di rinunciare a quel ben di dio di sapori e odori che li aveva resi forti, ambiziosi e in grado di superare le sfide di quella terra fredda e nebbiosa? Non lo so, non lo sapevamo, mia sorella ed io. Di una cosa eravamo certe: che il suo lavoro in cucina non sarebbe servito a nulla né sarebbe stato adeguatamente apprezzato come meritava. E non serviva cercare di metterla sull’avviso, insinuare che magari quel natale avremmo potuto andare fuori… una bestemmia per lei. E infatti… nemmeno ci rispondeva. Fatto sta che ad ogni festa natalizia ci ritrovavamo con gli zii e bastava sedersi a tavola per sentire volare parole e discussioni dai toni accesi. Mi chiedevo perché mai non litigassero dove stavano, al nord? Non potevano riunirsi in un qualsiasi giorno dell’anno e dirsi tutto quello che volevano? Perché litigavano sempre qui da noi, a Natale? Quella volta che i due fratelli vennero alle mani mentre mio padre e mia madre cercavano di trattenerli, be’, fu allora che capii che il natale era una festa sopravvalutata.
Uscita dall’adolescenza speravo di aver archiviato quella festa e i pericoli che portava con sé. Per gli anni a venire mi andò anche bene, tutto sommato. Solo se restavo però nella famiglia che avevo formato… con un bambino e un marito con i quali quella “magica” notte ci scambiavamo regali sotto l’albero e il presepe che curava il marito, mentre io facevo l’umile spettatrice rispettosa degli usi festivi, ma, se andavo a passare le feste natalizie con i miei suoceri e la famiglia di mia cognata, lontani svariati chilometri dalla mia casa, le cose erano diverse. Anche qui dinamiche conflittuali tra padre e figli ma che non mi riguardavano personalmente: protagonisti erano il marito di mia cognata e i loro due figli, bersaglio di scherzi idioti sul cibo che passava di piatto in piatto, rubato, restituito ecc. Assistevo ammutolita, sperando che non si degenerasse. E un anno, in particolare, mi confermò che il Natale non era una vera festa della famiglia e le cose non andarono per niente bene.
La mia domanda, dal tono scherzoso, al figlio di mia cognata: “Ma perché all’uva togli la buccia e i minuscoli noccioli?”, scatenò conseguenze che perdurarono svariati anni a venire. Boccaccia mia! ma onestamente il quesito era innocente. Eppure quella domanda, a giudicare dalle reazioni, evidentemente era apparsa sconveniente ai genitori di quel virgulto di ragazzo così sensibile. Forse suonò come un’offesa. Il pranzo andò avanti tra l’imbarazzo di tutti ma dopo, la festa era finita. Non ci furono altri pranzi e cene, nemmeno quella dell’ultimo anno. E per anni il virgulto mi ha salutato con un generico e solitario “ciao zia”. Non facevo più parte della famiglia.
Pur non avendo il dono della fede ma consapevole che
quella santa nascita è una festa condivisa da numerosi popoli ed è una
convenzione, una tradizione eccetera, non avrei nulla contro il Natale in sé. A
patto che si lo festeggi con sobrietà. E non lo si prenda come scusa né per
acquistare roba inutile da regalare, per mangiare a crepapelle, né tanto meno
per stare insieme pronti a recriminazioni o l’un contro l’altro armati. Io la
vedo così: il natale è luce, che arriva per illuminare il buio dell’umanità.
Accendiamo candele, lampadine, led, ceri e facciamola finita con queste “sante
feste”.
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