mercoledì 24 gennaio 2024

UN LIBRO IN TRE PAROLE - Maurizio Rossi

“Di sabbia e d'arancio canterò” Ed. Cofine, Roma,  2023.  

Prefazione di Anna Maria Curci.

 La raccolta ha visto la luce in un recente mio momento doloroso ed è composta da poesie scritte negli ultimi due anni e da altre che risalgono a un precedente periodo. Nonostante essa descriva esperienze ed emozioni affatto personali, non è certamente poesia intimistica, né si può negare il suo carattere sociale. Ogni poesia che eccita la mente e lo spirito, suscita domande, accenna temi che possano essere condivisi o recepiti, se non fatti propri, da un contesto sociale - senza esprimere verità assolute – è poesia sociale.

Solo con questa convinzione, grazie  alla profonda lettura della prefatrice, ho affidato all'editore la mia opera. L'ho composta come un canto, preannunciato dal titolo che non rimanda ad un tempo futuro, ma  dice l'impegno a poetare, sostenuto dalla speranza, frutto dell'esperienza vissuta di sabbia e d'arancio. Per il lettore non è difficile cogliere nella silloge l'eredità di aedi e i “cantastorie” perché la poesia è anzitutto canto; così come desumere dalle parole del titolo, oltre al significato esperienziale, quello simbolico: la sabbia, richiamo del mare, della forma mutevole, del tempo; l'arancio, che evoca intensità di sapori e profumi, oltre, evidentemente – i suoi fiori -  le nozze.

Le stesse tre parti del libro – Rapsodia, Meditativo Adagio e Sinfonia d'Amore – non esprimono supponenza, tutt'altro: dicono di un travaso, non solo simbolico, dai versi alle frasi  e tra le poesie e  le composizioni musicali.

Il tempo, la cadenza,  è una costante della mia poesia, così come il viaggio, il paesaggio, i confini. Ma qui c'è una novità, come evidenzia Anna Maria Curci nell'ottima prefazione: “E' una sinfonia che risuona di una nuova consapevolezza, che vibra di suoni che mescolano, intrecciano, accordano sensazioni differenti, talvolta opposte...”

Nella decisione di una pubblicazione di una nuova opera mi pongo sempre delle domande:  “A chi può interessare ciò che scrivo? Cosa aggiunge alle innumerevoli parole e immagini? Cosa resta?” Penso che ogni scrittore dovrebbe farsele, per il bene della Poesia o almeno del lettore. Ma va bene così, si sceglie, si accoglie o si mette da parte.

Dunque a chi può interessare questa silloge? Credo agli scrittori, perché non ripetano i miei stessi errori; ai lettori che, voglio sperare, scoprano nelle righe bianche tra i versi e negli spazi tra le parole il labor limae: la fatica di eliminare gli aggettivi, di trovare la parola più adatta a quel contesto, insieme alla ricerca del ritmo, allo stupore dei sensi. Nelle liriche mi sembra siano risvegliati tutti e cinque i sensi, vista, udito, olfatto, gusto, tatto:  tale è la suggestione, perché la poesia non è solo suono e senso, ma anche estasi nel senso etimologico del termine. E questo credo aggiunga qualcosa agli innumerevoli versi e parole già scritte.

Cosa resta? E' la domanda più difficile, quella affidata al tempo, amante o tiranno. Posso dire ciò che mi resta dopo l'imprimatur: l'amore per la poesia, per la musica, per l'umanità; la visione d'un tempo che tra-scorre -  accompagnando viaggi, visioni, ricordi, echi di miti - che crea assenze e vuoti che pure hanno un peso; il desiderio di gustare la vita senza fretta, rallentando, in un atteggiamento ritenuto dal senso comune anacronistico, ma necessario per non perdersi in un affastellamento di esperienze e di giorni. Non mi riferisco al “topos” del carpe diem, ma al “rallentare il tempo” o se si vuole il “perdere tempo” nel riflettere, nell'osservare un panorama o una scena, senza immediatamente fotografarli, nell'attendere un tempo di silenzio, alla fine di un concerto, prima dell'applauso.

Infine, “il bacio sulla bocca” di Ivano Fossati, richiamato in esergo; quel bacio degli amanti - ma anche il gesto metaforico -  in grado di perdonare ogni cosa, errori, mancanze, tradimenti, egoismi. Il bacio sulla bocca, brama di vivere immersi dentro una relazione, di rinnovarsi senza cedere alla tranquilla ma vischiosa abitudine dei giorni, anche e soprattutto nel ricordo di ciò che si è avuto e che nulla toglie.

 

 Peschici duemilatre

 Sulla rena disteso mi avvolge

un lenzuolo di sole, le parole ascolto del mare.

Parallelo al mio sguardo, il paese

come glassa su rupe

di un’antica difesa.

Fino al cuore l’odore di te,

delle labbra attendo il sapore.

 

 Cabo de Roca

 Siamo di fronte all’Oceano mare,

timore e sfida del nuovo mondo,

in equilibrio sulla roccia

di magma inquieto al fondo.

 

Sulla fiamma il vento d’Occidente,

e sulla voce nostra che cerchiamo

un senso e un suono alieno,

per scrutare quello che siamo.

 

Illusi dalla freccia del tempo

coviamo il dubbio se il tesoro

ci attenda alla Fine del Mondo

o nell’Oriente dai riflessi d’oro.

  

Autunno

 Spiove la luce ma non bagna,

metti qualche castagna al fuoco

vivo e gusta il tuo momento.

Il tempo è breve

ma sorso a sorso è tanto.

 

Nei giorni dell’abbandono

Nei giorni dell’abbandono

frammenti di frasi, pensieri

non detti, una cura cercata

scambiata con gesti di cura.

 

Ci lasci il sorriso, malgrado

la pena del cuore celata

dentro il cassetto.

Sapevi che l’avrei dischiuso?

 

MAURIZIO ROSSI

Medico specialista attualmente in pensione. Ama scrivere in lingua e   in dialetto romanesco.

Nel 2008 ha pubblicato la prima raccolta di poesie "Dal pozzo al cielo" a cui sono seguite: "Tempo di tulipani", 2009; “Sono aratro le parole”, 2011(Lietocolle); “Che resta da fare”,2014 (Lietocolle);“Cercanno leggerezza2015, in dialetto romanesco; “La veglia e il sogno”, 2019 (Aperilibri, Cofine). Nel Novembre 2022 ha pubblicato il romanzo “La ruota di Duchamp” (ed. Cofine). "Ma è si...cura?" in romanesco, menzione di merito al Premio "Poesia in omeopatia" (Fi) 2013. Nel 2017 II Classificato per la sezione “Stornelli” al Premio “Vincenzo Scarpellino” per i dialetti del Lazio; nel 2018 II Classificato per la sez. “Poesie” e finalista nella sez. “Stornelli” del medesimo concorso. Nel 2020 prefatore de “Quegli anni dall'alto” di Antonio Orlandi, ed. Cofine, Roma; nello stesso anno ha partecipato con scritti critici al volume “Vincenzo Luciani, poeta editore” Ed. Cofine. Nel 2021 ha curato la raccolta di articoli “Il virus in una stanza” ed. Cofine.

Collabora con scritti e recensioni a “Poeti del Parco”; è nella redazione della Rivista “Periferie” diretta da V. Luciani e Manuel Cohen. E' socio de "La Primula", associazione tra  volontari e famiglie di disabili, nella quale  partecipa al laboratorio teatrale integrato e agli spettacoli messi in scena. E' tra i promotori dell'Associazione “Casa delle Poesie Centocelle” nel territorio del V Municipio.

 

 

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