Se gli occhi albeggiano malizie
fremono le
valli intorno
ed il
corpo appare spezzato
nel fluire
di un istante, sferzando tremori.
Nudi
tronchi diventano figure frettolose,
lungo il
cammino e intrappolando gli orli,
e con un
fremito breve lampeggiano
la propria
melodia, che divampa
a volte
per una vecchia storia.
Così cala
il tumulto della deriva
scivolando
nell’eco di un richiamo.
Tra la
platea e l’oscurità s’immerge ancora
vaga,
vinta, svanita figura
severamente
immobile.
Diventando
corolla si smaglia
forse
rubando tempeste, forse mentendo
per
quell’audace gesto che brucia
anche la
pelle.
Intrecciano
tra loro venti ed azzurri
nell’armonia
di apparenze.
(Antonio
Spagnuolo, da Futili arpeggi – La valle del tempo 2024)
La
poesia Tremori è tratta dal recente lavoro di Antonio Spagnuolo, Futili
arpeggi, volume che riporta anche un saggio illuminante e approfondito
sulla poetica dell’autore a firma del professore Carlo Di Lieto. Con tono
linguistico estremamente semplice e chiaro, il poeta sa penetrare ed esplorare
le complesse peregrinazioni dell’essere umano realizzando un mondo aperto e
dilatato sulla realtà. Il suo stretto legame con la bellezza e l’amore rivela elementi
di presenza vitali che non scendono a compromesso con le mode letterarie
imperanti. Qui, ci immergiamo in punteggiatura, verbi e sostantivi che
costruiscono sintassi per niente ridondanti. Nei gerundi logici (temporali e
modali) pregni di desideri, profumi e sentimenti, leggiamo i segni indelebili
del totale abbandono alla vita e alla sua caducità. La memoria rimane filo
conduttore indelebile e richiamo al ricordo del variegato concetto amoroso: il
corpo è la diapositiva che vibra le emozioni catturate in registri a più piani
(materia, mente, anima) della significazione mentale verso la matrice
subconscia del pensiero poetico. Ciò dimostra che il testo, tra metafora e
rivelazione del vero, dà a noi il compito della visione.
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