Corpo
La
poesia è la lingua del corpo. Il corpo, a sua volta, è un testo vivente a cui i
versi danno voce. Attraverso questa connessione intima riusciamo a percepirci
integralmente e pienamente come esseri umani consapevoli e senzienti. Attraverso
questa ricostituzione il discorso poetico si fa necessariamente civile. La
poesia è l’habeas corpus che presidia la nostra individualità e lo statuto che
afferma la nostra appartenenza ad un civiltà antichissima e, allo stesso tempo
inattuata.
Di sicuro
C’è solo
Che sono
vivo
Sì sudo
Ma sto
bene
Sudo
senza volerlo
Non
riesco più a pensare
Come sono
arrivato
A questo
punto senza sudare
Non c’è
alcun calcolo
Nei segni
lasciati sulla fronte
Non sono
concetti queste gocce
Viscerali
e loquaci segnalano
Senza
alcuna intenzione visibile
Il
momento più eloquente
Che non
battezza alcuna bellezza
Ma in
silenzio pronuncia il mio nome.
Apprendistato
La
poesia è una forma di resistenza ai formalismi di ogni mito della realtà.
Contro chi tende a trasformare i segni in fatti e cose, lo sforzo di questo
linguaggio poetico è di ricondurre i segni al loro essenziale sistema
simbolico. Dobbiamo tornare dal segno al senso, anzi connettere il senso delle
parole al senso stesso delle cose. Questo apprendistato di scrittura e anche e
sempre un esercizio biologico ed esistenziale. Abbiamo accettato la condizione
permanente di un apprendistato alla salvezza. L’apprendistato non ha mai
termine. La salvezza è un orizzonte.
C’è stato
tolto tutto
Chi si
azzarda più
A
dipingere madonne
Ci hanno
privato delle ninfe
Le nature
morte sono morte davvero
Non più
scandalo nemmeno
Un
barattolo o un volto scomposto
Ci hanno
lasciato infine i rifiuti
Al
massimo da differenziare
Che arte
puoi fare se non un’alchimia
Almeno
per chi come a tutti gli umani
Spetta di
camminare.
Salvezza
La
parola non cura. La poesia non salva. Eppure, la poesia è la luce della nostra
esistenza. Allo stesso modo, la luce non serve a salvarci. Ma rende chiara la
reale sostanza delle cose. Questa consapevolezza ci permette di cogliere la
grazia nell’esserci, qui e ora. Dentro questa attesa anche il dolore acquista
un senso che ci permette di accompagnarlo fuori di noi.
Ho
bussato a tutte le porte
Qui non
c’è più nessuno
Salvo i
fantasmi dietro le porte
Che
spiano furtivi dagli spioncini
Spaventati
dal rumore della vita
Ora che
s’erano acquietati
Dopo la
prova che la parola non cura
Temendo
invece la luce
Che
quando sopraggiunge
Mostra la
reale sostanze delle cose
Le parole
scovate sterili
Sono
state lasciate sgomente sull’uscio
La luce
la luce è la luce.
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