La letteratura, la filosofia e
l’arte sono impregnati del tema del conflitto. Nell’antica Grecia il filosofo
Eraclito sostenne che l’armonia del mondo non si basa sulla pacificazione dei
contrari, ma sul mantenimento del conflitto, il cosiddetto pòlemos. La vita,
pertanto, è lotta e opposizione e la sua armonia risiede in ciò; il mondo è
pòlemos tra elementi in continua opposizione gli uni agli altri. Prima di Kant
e di Hegel, Eraclito individua nel dinamismo e nel divenire il fulcro del
mondo. Infatti, il nostro stare al mondo e nel mondo si delinea nella capacità
di cambiare in risposta alle sollecitazioni esterne e interne a noi; e questo
mutamento, a pensarci bene, non è altro che azione e reazione a ogni elemento
vitale. La filosofia e il teatro nascono in Grecia e sono la quintessenza del
vivere in una dimensione di civiltà occidentale da cui ancora attingere modelli
e impressioni di senso. Gli antichi Greci giungono nell’Italia del Sud, a
partire dall’VIII secolo avanti Cristo, e ne colonizzano ampie regioni trasferendo
riti, immagini mentali, la cifra della propria identità culturale. Attraverso
il teatro, il mito, la letteratura gli uomini antichi e contemporanei hanno
l’opportunità di illuminare zone oscure che sono in agguato dentro ognuno di
noi, e che, se ignorate, possono trascinare in un abisso senza ritorno. Queste
zone misteriose scatenano e rappresentano i conflitti che abbiamo il dovere
morale di riconoscere per prendere convintamente le distanze. Pensiamo alla
Medea di Euripide che uccide i propri figli per affermare la sua femminilità
tradita e offesa; essa diviene paradigma dell’infanticidio che, innescato dal
conflitto tra coniugi, rappresenta il cuneo d’ombra della disumana ferocia, che
pure alberga nel nostro animo e si disinnesca nella sua distruttiva
potenzialità mettendosi in scena.
Cosa è rimasto e rimane del
conflitto, tema nevralgico della cultura greca e declinato in varie forme (ad
esempio, l’estrema litigiosità provocava la proliferazione dei processi, come
evidenzia la commedia “Le Vespe” di Aristofane) nel Sud d’Italia? La
propensione alla discussione, una certa vocazione alla retorica per la
risoluzione di contrasti, l’incandescente focosità caratteriale, avvertita
anche nella dimensione emotiva, sono alcuni degli aspetti patenti della
permanenza antropologica del conflitto nelle terre meridionali.
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