sabato 16 dicembre 2023

TEMPO DI MEMORIA E DI PENSIERO di Ferdinando Gasparini

Vi sono conflitti personali, conflitti interpersonali e conflitti tra gruppi allargati di persone. Desidero parlare del conflitto interpersonale, in particolare quello di coppia, per dare una mia possibile interpretazione della tragedia che ha colpito Cecchettin Giulia nel rapporto con il suo ex fidanzato Filippo Turetta.

Comincio con una fiaba. Un mago viene racchiuso in una bottiglia e messo in fondo al mare. Grida:” A chi mi libererà darò il dominio di tutto il mondo”. Passano cento anni e nessuno lo libera. Il magro di nuovo grida: “A chi mi libererà darò il dominio delle cinque città più grandi del mondo”. Ma nessuno lo libera. Passano cento anni. Il mago grida: “A chi mi libererà darò un forziere pieno di gioielli”. Nessuno lo libera. Passano cento anni e il mago grida: “A chi mi libererà, lo ucciderò”.

 Con la fiaba ricordo il racconto di Esopo. Una donna esce d’inverno sull’Olimpo. Vede su una pietra un piccolo serpentello gelato. Intenerita lo prende e lo riscalda nel suo luogo più caldo, il seno. Quando l’animaletto si sveglia, la prima cosa che fa è morderla.

 Aggiungo il racconto di alcuni giovani. Uno mi parla della sua infanzia e mi racconta di uno strano sogno avuto da bambino: obbligava la madre a trainare un carretto. E terminava dicendo che si era allontanato da lei e viveva da solo. E un altro giovane ricordava di aver fatto un sogno in cui uccideva la madre.

Io penso e so. Il rapporto intimo con il genitore è fondamentale nei primi anni di vita e l’assenza di questo ultimo, per carattere, vuoi per motivi di lavoro, per altre ragioni, può provocare nel bimbo una privazione insanabile. Si crea nel suo essere un buco, una menomazione insopportabile. Si forma nel profondo di questa persona una invidia, che cresce sempre di più attraverso successive esperienze di frustrazione dei propri bisogni fondamentali. La stessa invidia lo affligge, lo tormenta senza momenti di riposo. L’invidia porta a un processo psichico di grande significato chiamato Identificazione proiettiva. Si proiettano parti dell’io o l’io totale sulla madre e si vivono in lei i propri impulsi di odio e di amore.

Questo meccanismo lo si rivive negli anni quando si proietta sul partner o su altre figure importanti la propria figura genitoriale, e poi la si invidia e la si vuole distruggere per la sua ricchezza e creatività. La grande psicanalista Melania Klein afferma con chiarezza che l’invidia si sviluppa su una polarità fondamentale: l’invidioso percepisce sé stesso come un essere vuoto e presuppone l’altro pieno. Si può capire allora come non può accettare di perdere la persona “amata”, la persona su cui ha proiettato, nella relazione adulta, il proprio essere di fatto “menomato”. Va ricordato che su questi contenuti si attua la rimozione, per quanta sofferenza essi producono. E quindi il soggetto può non esserne consapevole.

Trovo nei due giovani 22enni caduti nella tragedia della morte l‘applicazione reale dei processi presenti in quello che sopra ho ricordato. Perché si possa produrre questo evento sono necessari due fattori. Il primo: la presenza nella persona “malata” di una carenza essenziale, tale da aver prodotto una assoluta incapacità di procedere nella propria crescita umana. Il secondo: trovare nel partner o in altre figure l’esatta corrispondenza del proprio Bisogno represso. E quindi la propria ambivalenza verso di esso. Quando questo succede, allora scatta il dramma. Esso scatta sempre e rivela all’esperto la situazione che si sta riproducendo. In questa situazione, per quello che riguarda la mia esperienza professionale, o si affronta il problema con una analisi seria del profondo, di modo tale che la persona disturbata riconosca la ripetizione che sta riproponendo e con lo psicoterapeuta attui il passaggio a forme nuove di soluzione. Oppure l’individuo disturbato agirà nel reale, con la consapevolezza dell’adulto, la violenza subita nella primissima infanzia e la sua incapacità a risolverla.

 Ho visto negli asili l’agire dei bambini come il maghetto chiuso nella bottiglia. Più aumentava l’assenza del genitore, in maniera proporzionale cresceva l’insistenza di averlo, e diminuiva il desiderio di amarlo. Quando alle 16 veniva preso, il bambino/a con i suoi capricci rovinava la serata ai genitori che avevano lavorato e si aspettavano ben altro dal proprio figlio.

Un bambino di 11 anni frequentava la seconda media. Fu espulso perché aggrediva sistematicamente i docenti. Il bambino era pienamente adeguato per la sua età. Chiesi alla madre di venire lei in psicoterapia, per porla al corrente del dramma che viveva suo figlio. Accettò. Impiegai tre mesi per farle capire la fiaba e come ora poteva aiutare il suo bambino a riprendere con lei, ancora in tempo per l’età, l’intimità persa. Avvenne. Gli insegnati chiamarono la madre per riferire i cambiamenti del figlio e che erano per tanto soddisfatti, per cui il ragazzo poteva continuare con loro per la terza media.

 Un giovane ventenne soleva mettersi con ragazze che poi lo lasciavano. Venne in psicoterapia. Si sentiva a disagio con le ragazze e non sapeva come comportarsi. Analizzammo i rapporti avuti. Venne fuori che in ogni innamoramento si verificava: una forte attrazione, poi una conflittualità che portava la ragazza a rompere il rapporto. Definii quello che succedeva così: Apparenza e delusione.

 All’inizio tutto gli sembrava bello positivo. Lo chiamavano, insistevano, gli davano quello che chiedeva. Poi avveniva la delusione.  Cominciavano litigi, e quindi la perdita della ragazza. Analizzammo i conflitti. Avveniva che la ragazza cominciava a ritirarsi e lui si arrabbiava, buttava sedie per terra. Colpi ai muri. Veniva fuori la sua rabbia per la privazione subita. Un giorno in analisi riconobbe che si ripeteva quanto da bambino aveva vissuto con la madre. Lei lo lasciava per il lavoro, per stare con le amiche, e lui si arrabbiava ed era intrattabile. A questo punto venne fuori l’errore del suo approccio alle ragazze. Lui cercava una persona che rispondesse ai suoi desideri, ma di fatto cercava una ragazza che realizzasse i suoi bisogni profondi. E nel cercarlo imitava il modello infantile. Si apriva ad una ragazza che lo doveva poi lasciare, non potendo soddisfare la sua ambivalenza e i suoi bisogni infantili e così si attuava la situazione segreta dei suoi sogni. La perdita drammatica del possesso materno. E quindi senza averne piena consapevolezza si poneva nella situazione di una soluzione tragica.

E qui torniamo ai due giovani Giulia e Filippo.

 Un Nota Bene prima di concludere. Il mio modo di ragionare sulle situazioni è questo. Poniamo il fatto come in un punto. Ora in questo punto possono passare molte rette. Io ne individuo una, quella che sono sicuro di cogliere attraverso la mia professione. Ma riconosco che vi sono anche altre. Per cui la soluzione finale, se vi è, può dipendere da molte concause. È giusto riconoscere i propri limiti e non dimenticare che nell’essere umano, uguale a noi, vi è sempre qualche cosa che tocca il mistero.

                                                                          

 

 

 

 

 

 

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